Arrivano le indagini del maresciallo Stankovic, il nuovo "eroe" del collettivo Elias Mandreu

Dopo aver pubblicato diversi romanzi di successo, arriva dal collettivo Elias Mandreu, un nuovo avvincente giallo: "Mantene S'Odio - Ricordati di Odiare" (Piemme), che presenta per la prima volta, e di sicuro non l'ultima, le indagini del maresciallo Mirko Stankovic

Arrivano le indagini del maresciallo Stankovic, il nuovo "eroe" del collettivo Elias Mandreu

Il collettivo Elias Mandreu, formato da un magistrato, un dirigente pubblico e un manager privato che, uniti dalle stesse passioni, decidono di scrivere romanzi a sei mani. Un vero successo. Dopo aver pubblicato Nero riflesso, Dopotutto e partecipato alle antologie Giallo Sardo e Giallo sardo 2, curate da Francesco Abate e edite da Piemme, arriva il primo capitolo delle indagini del Maresciallo Stankovic nel giallo Mantene S'Odiu - Ricordati di odiare (Piemme).

Un'indagine quella del commissario Stankovic - sbattuto in un paesino sperduto tra i monti della Barbagia e il mare - che inizia dal ritrovamento del cadavere di una donna all’interno di una grotta naturale per metà sommersa dall’acqua. La vittima, Marcella Ferrante, era figlia di un noto imprenditore locale, Manuel Ferrante, proprietario dei club più esclusivi della Costa Smeralda.

I primi rilievi fanno pensare a un omicidio di stampo malavitoso, ma Stankovic, appellandosi al suo fiuto investigativo, si convince che si tratti di una falsa pista. Un rapimento risalente a quasi cinquant’anni prima e un riscatto sparito nel nulla lo porteranno a scoprire per l’ennesima volta che nessun caso può essere archiviato con leggerezza.

Un giallo pieno di colpi di scena e intrecci che partono da lontano, e che tiene il lettore incollato fino all'ultima pagina, di sicuro solo il primo di una lunga serie di successo. Ne abbiamo parlato con uno degli autori.

Elias Mandreu il nome dell’autore del libro, che in realtà quella di un collettivo con cui sono già stati pubblicati diversi romanzi. Come è nato il nome e come riuscite a mettere insieme le idee e la scrittura, soprattutto trattandosi di un giallo?

"Mandreu, che suona come un cognome sardo, in realtà non è altro che la crasi dei nostri tre nomi di battesimo: MAuro, ANDrea, EUgenio. Lo ha inventato la moglie di Mauro, Simona Soro -che è anche la nostra fotografa ufficiale- quando cercavamo un nome con cui firmare il nostro primo romanzo. Volevamo che sembrasse il nome di una persona vera anche se non esisteva in realtà. E cosi oltre al cognome poi gli abbiamo dato anche un nome, anche questo molto sardo: Elias.

Noi tre siamo amici di vecchia data, un’amicizia che è nata e si è sviluppata per via di passioni che avevamo in comune come quelle per il cinema, la letteratura di genere e i fumetti. Quindi iniziare a scrivere insieme le stesse cose che ci piaceva leggere è quasi venuto spontaneo. Oggi è diventato ormai un meccanismo rodato, al punto che per ciascuno di noi forse è stato più difficile scrivere da soli che farlo a sei mani. Il metodo che seguiamo è quello di costruire per prima una trama molto dettagliata e già divisa in capitoli, che poi vengono assegnati tra di noi per essere sviluppati.

Una volta che tutti i capitoli sono stati scritti, il romanzo deve essere soltanto montato, esattamente come si farebbe come il girato di un film. In questa fase ha luogo anche sul processo di armonizzazione dei diversi stili di scrittura. Anche se ormai ognuno di noi, quando scrive come Elias Mandreu, lo fa con lo stile Mandreu; che è diverso da quello che abbiamo come autori individuali".

I vostri libri che parlano della magnifica Sardegna e delle sue impareggiabili bellezze, sembrano un po’ una risposta ai tanti commissari e marescialli siciliani, che hanno invaso libri e tv. È così o scrivete solo di quello che conoscete molto bene?

"Non c’è alcuna 'competizione' con gli autori dell’altra isola. Soltanto noi siamo sardi e ci piace raccontare la nostra terra; ma siamo anche persone profondamente calate nella contemporaneità e pensiamo che questo traspaia chiaramente dal tipo di storie che raccontiamo e dai temi che trattiamo, che sono sempre stati di stringente attualità. La nostra insomma, non è certo una Sardegna da cartolina ma è moderna e collegata, nel bene e nel male, a tutto il resto del mondo. E altrettanto lo sono i nostri personaggi, soprattutto in quest’ultimo romanzo".

Diamo il benvenuto al maresciallo Stankovic e alla sua prima inchiesta. Che tipo è?

"Mirko Stankovic è un carabiniere veneto di etnia rom, soprannominato per questo motivo “lo zingaro” dai suoi stessi colleghi con malcelato razzismo. Le sue origini lo hanno reso straniero anche a casa sua, e ancora di più in Sardegna, una terra che fatica a comprendere ma di cui subisce ugualmente il fascino misterioso. Mirko è imprevedibile e poco incline ad osservare le regole, e potrebbe sembrare persino indolente e poco affidabile; ma ha fiuto investigativo e un personale senso della giustizia, e questo alla fine lo rende comunque un ottimo carabiniere. Uno che vuoi sempre avere nella tua squadra quando le cose si complicano".

Trattandosi di casi criminali ci sono ovvi riferimenti a situazioni del territorio, quanto le conoscete bene da descriverle in maniera così accurata?

"Nella nostra carriera letteraria abbiamo affrontato i temi delle morti sul lavoro, della immigrazione clandestina, del femminicidio, della criminalità de colletti bianchi, ed è chiaro che per farlo abbiamo usato le nostre conoscenze personali e le nostre vite professionali (Mauro è un magistrato, Eugenio un dirigente pubblico e Andrea un manager privato) ma nel caso dei sequestri di persona non c’è stato bisogno. Stavolta è stato più facile. Siamo tutte e tre cresciuti nella Nuoro degli anni tra il 1970 e il 1988, gli anni peggiori del sequestro di persona e ognuno di noi ne è stato a suo modo testimone, e il ricordo di quegli anni ha i colori particolarmente intensi che ha tutto ciò che si vive da ragazzi o bambini.

Ricordiamo il conto quotidiano sui giornali del numero dei sequestrati, dei morti nelle faide che spesso sorgevano per spartire il bottino e che magari venivano ammazzati per vendetta letteralmente sotto casa tua. Conosciamo sequestrati e famiglie colpite da vicino anche di persone che non sono più tornate. Non c’è nessuna storia alla quale ci siamo ispirati nello specifico, ma quegli anni vissuti in quella città sono stati il nostro Vietnam. Per questo la storia che abbiamo raccontato è assolutamente credibile, sentita e grondante sangue. Ci siamo limitati a suonare da adulti una canzone che abbiamo imparato da bambini".

I commissari hanno quasi sempre un loro punto debole, spesso per molti è il cibo, cosa ama il vostro?

"Senza ombra di dubbio il punto debole di Mirko Stankovic sono le donne. Lui, nonostante l’atteggiamento da spaccone, in fondo è sempre innamorato. E per lo stesso motivo è anche sempre nei guai".

Perché la scelta di scrivere il titolo del libro sia in italiano che in sardo?

"Il titolo del romanzo è la prima parte di un detto popolare barbaricino (la Barbagia è la zona centro orientale della Sardegna che ha la città di Nuoro come capoluogo) che recita per intero così: Mantene s’odiu ca s’occasione non mancat. La traduzione è più o meno questa: Nutri il rancore che l’occasione si presenterà. Si tratta della enunciazione di un concetto che permea in profondità la cultura del luogo: la vendetta.

Che in Sardegna, nel Nuorese è stata addirittura codificata. Esiste un’opera di un eminente studioso che si intitola: 'Codice della vendetta barbaricina', che studia le regole millenarie di questa pratica. Se nasci e vivi qui, sai che ci devi fare i conti.

Il nostro romanzo, che racconta la storia di una vendetta che aspetta cinquant’anni e due generazioni per essere consumata, non poteva avere un titolo diverso. E la lingua italiana da sola non sarebbe stata sufficiente ad esprimere questo concetto".

MANTENE S’ODIU RICORDATI DI ODIARE di Elias Mandreu

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