In Francia, ha attraversato più di mezzo secolo di pensiero. Alain de Benoist, nato nel 1943 in quello che oggi è comune di Tours, valle della Loira, ha attraversato molte inquietudini e molte identità, come testimoniano le decine di pseudonimi che ha assunto nella sua attività di letterato e di saggista, per sfuggire alle etichette anche scomode che gli hanno affibbiato, a partire da quella di neofascista, quand'era poco più che ventenne. Di certo rientra in quella galassia talvolta frettolosamente definita destra, sia essa nazionalista, identitaria, antieuropea, antiamericanista. Il catalogo delle sue opere è impressionante, e tradotto in Italia da case editrici viste come il fumo negli occhi dal mainstream culturale (Settimo Sigillo, Arianna, Settecolori, ecc.). Domenica 27 ottobre parteciperà (probabilmente in videocollegamento con Luca Beatrice, alle ore 15) a «Radici. Il festival dell'identità», al Circolo dei lettori di Torino, a cura di Giuseppe Culicchia. Lo abbiamo intervistato.
Signor De Benoist, partiamo da una domanda per inquadrare il tema: che cosa significa per lei oggi il concetto di destra, tanto in Francia quanto in Europa?
«In termini generali, è un concetto privo di senso, non solo perché la vecchia scollatura sinistra-destra oggi si cancella sempre più, mentre ne emergono altre, ma soprattutto perché la destra al singolare non è mai esistita. Ci sono sempre delle destre (al plurale), diverse, contraddittorie, a volte in opposizione l'una con l'altra. I politologi non sono mai riusciti a trovare un denominatore comune fra tutte queste destre».
Lei è stato oggetto di numerose controversie. Forse la principale riguarda la fondazione del Grece (Gruppo di Ricerca e Studi sulla civiltà europea) nel 1968. Che cosa rimane del suo statuto originario?
«Il Grece non è stato fondato nel 1968, in reazione agli avvenimenti del Maggio 68, ma un anno prima, nel 1967. L'associazione esiste ancora oggi. Si colloca entro un movimento più grande, rappresentato dalle riviste Nouvelle Ecole, Eléments e Krisis, che da più di mezzo secolo hanno pubblicato una grande quantità di materiale».
Si riconosce nella definizione di neopagano? Qual è la sua critica al Cristianesimo?
«Sono parecchio allergico al termine neo e l'etichetta che lei mi propone mi sembra troppo settaria. Sono solo una persona che trova parte della propria ispirazione nelle spiritualità europee delle origini. Il cristianesimo fa parte della nostra storia, il paganesimo fa parte delle nostre radici. L'antichità greco-romana, per dirne una, non è un epifenomeno. Non condivido la distinzione cristiana fra l'essere creato e l'essere increato, che ha comportato la desacralizzazione del mondo».
Quanto è vicino (o lontano) dal Front National? Quale dovrebbe essere secondo Lei la politica dell'Europa verso gli immigrati, in particolare dai paesi mussulmani?
«Il Front national è stato sostituito dal Rassemblement national. Io non ne ho mai fatto parte. Non sono un attore, ma un osservatore della vita politica. Quanto all'immigrazione straniera, soprattutto quelle che provengono dai Paesi musulmani, non credo né all'assimilazione né alla rimpatrio forzato. Bisogna limitare il più possibile l'arrivo dei nuovi immigranti e, a proposito di quelli che già ci sono, considerare se siano pronti ad accettare i doveri che la loro nuova cittadinanza implica».
Ha senso parlare di identità nazionale in questo momento storico?
«In un momento in cui le tematiche identitarie si diffondono ovunque, sarebbe paradossale che l'identità nazionale fosse la sola di cui non si potesse parlare. L'identità della civiltà europea è la storia dei popoli che essa ha messo in associazione fra loro da tremila anni a questa parte. Non solo la storia, ma anche i costumi e il modo specifico di vedere il mondo».
Esistono stati imperialisti nel mondo, e se sì quali sarebbero? La Russia? La Cina?
«La Cina e la Russia sono Stati civilisationnels (termine di difficile traduzione, significa grosso modo in cerca di un codice di civilizzazione nazionale, ndr). L'unico imperialismo in azione oggi è l'imperialismo del capitale, e sussidiariamente l'imperialismo americano».
Non crede che tra liberismo e neocapitalismo ci sia differenza?
«Non credo. Il capitalismo, neocapitalismo o paleocapitalismo che sia, si fonda su tutti i grandi temi dell'ideologia liberale: il primato dell'economia sulla politica, l'idea che i popoli e le culture non siano altro che aggregazioni di individui, la necessità di sopprimere tutti gli ostacoli alla libera circolazione degli uomini, delle merci e dei capitali».
Il sistema politico francese, alla luce delle recenti elezioni, si è rivelato bisognoso di compromessi. C'è il rischio che s'indebolisca e renda più fragile economicamente il Paese?
«L'indebolimento politico e la fragilizzazione economica della Francia sono già fatti compiuti. In una tale situazione non abbiamo bisogno di compromessi, ma di decisioni sovrane. Di necessità di compromessi bisognerebbe forse parlare a Zelensky e a Nethanyahou (ma non servirebbe a niente)».
Considera che oggi nel mondo ci sia un problema di antisemitismo?
«L'antisemitismo è stato in tempi diversi di sinistra e di destra. Oggi, proviene in primo luogo dagli ambienti musulmani».
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