La lezione di Burroughs. Come far saltare in aria il Potere e le parole

Tradotti in italiano i testi dello scrittore "beat" sullo Stato tiranno, la letteratura e l'arte della scrittura

La lezione di Burroughs. Come far saltare in aria il Potere e le parole

La calcolatrice meccanica è un titolo dal doppio significato. William Burroughs (1914-97) era il rampollo di una dinastia imprenditoriale che aveva fatto fortuna con l'innovazione (la calcolatrice meccanica, appunto) e l'intuito (vendere e uscire dalla Borsa prima del 1929, quando crollò Wall Street). Sfatiamo una leggenda. Burroughs non era un tipo naïf, un vagabondo, un frequentatore dei bassifondi. Era il prodotto della migliore educazione a disposizione di una famiglia ricca: laurea a Harvard, specializzazione a Vienna, altri studi a Città del Messico e Berkley. Viveva di rendita, per questo si recava in posti esotici, come Tangeri, con un cambio molto favorevole. Aveva i modi di un gentleman, vestiva sempre giacca e cravatta, possibilmente sartoriali, quando cambiava casa o città nell'attesa dormiva al club di Harvard. Era un tossico, questo sì, ma con mentalità da secchione anche nel ramo «sballo». Resta famoso il poderoso «vai a quel paese» (non proprio con queste parole) rivolto a Timothy Leary, accusato di essere un pazzo che sperimentava gli acidi lisergici su gente inconsapevole.

La calcolatrice meccanica è anche una calzante descrizione della scrittura di Burroughs, e infatti, in questa raccolta di saggi ora edita da Adelphi, sono numerosi quelli dedicati alla letteratura. «Saccheggiate il Louvre» è il motto di Burroughs, che non credeva nella originalità e nella ispirazione. Il vero scrittore ruba: Burroughs ammette di aver prelevato intere pagine da Joseph Conrad, dialoghi e descrizioni, calandole in un contesto totalmente diverso; di aver utilizzato i quadri di Hieronymous Bosh per raccontare le torture nella Macchina morbida e in altri romanzi. Lo scrittore è un grande osservatore inosservato, deve apprendere l'arte di essere invisibile per indagare le azioni e le parole altrui. Lo scrittore registra meccanicamente, cioè con il microfono e la telecamera, i suoni e i luoghi attorno a lui nella speranza di cogliere particolari sfuggiti. Lo scrittore è un sabotatore del linguaggio frusto, retorico e ingannevole. Ma anche del linguaggio letterario, di qualsiasi tipo. Lo fa con un'altra operazione meccanica, il cut-up. Si prende la pagina di un grande scrittore o anche di un giornale o di un libro spazzatura da aeroporto. Si tagliano parole ed espressioni, si mettono in un sacchetto, si agita e si rovescia sul tavolo. A quel punto, lo scrittore «monta» la pagina in un altro modo, ottenendo un risultato sorprendente. È un modo di ridare vita a ciò che è morto perché scontato. Nella Calcolatrice meccanica troverete le più divertenti lezioni di scrittura ad opera di un autore che ha sempre negato la possibilità di «insegnare» la creatività. Ogni spunto è occasione di una digressione o di una storia quasi sempre esilarante perché, non va mai dimenticato, Burroughs è innanzi tutto uno scrittore comico, e fa ridere, moltissimo.

Sabotare le parole... Ma perché? E qui veniamo alla parte più bella e importante del libro. Secondo Burroughs, la parola è uno strumento del potere che si diffonde come un virus attraverso la propaganda e assume una micidiale potenza quando associata all'immagine. «Virale» è una delle parole chiave. I saggi della Calcolatrice meccanica sono anteriori al 1985. Non c'era la Rete ma Burroughs in fondo aveva capito la direzione della nostra società.

Il sogno dei politici è instaurare un regime all'apparenza buono ma in realtà coercitivo, regolato dalla burocrazia, senza privacy, in cui lo Stato può darti e toglierti tutto, dal lavoro alla vita. In nome della libertà e del progresso. Mentre lo Stato conquistava spazio, il popolo bue era tenuto impegnato in polemiche grottesche in cui entra in gioco quasi sempre il fascismo. Parola senza referente nella realtà, a parte qualche scalmanato. Dunque parola protagonista di discussioni inutili e infinite. Mentre noi ci accapigliamo, il Potere si occupa di ciò che davvero conta: la fusione con le macchine, i farmaci del futuro, il trasloco nello spazio di una parte della nostra specie, i nuovi metodi di fare la guerra. E qui veniamo alle armi biologiche, meno costose di quelle nucleari. Il sogno, scrive Burroughs, è un virus selettivo, una pestilenza che faccia fuori, ad esempio, una etnia: «Prima o poi si potranno produrre nuovi virus per i quali non c'è cura. Qualunque piccolo Paese dotato di un biochimico capace potrebbe produrre queste armi biologiche. Basterebbe un piccolo laboratorio. Se si può fare, qualcuno lo farà. Certo, è quasi fantascienza. Sfortunatamente la fantascienza ha il brutto vizio di avverarsi». Abbiamo visto le potenzialità di una pandemia... Burroughs era contrario al socialismo ideale e reale. Ma criticava aspramente anche il capitalismo, che distingueva dal libero mercato. Le crisi economiche sono sempre un'ottima occasione per liberarsi della piccola e media impresa. Questa è l'epoca dei grandi trust, che hanno bisogno di rendere efficace il sistema. Ciò che è lento o introduce ostacoli va cancellato. Incluse le differenze tra uomo e uomo. Meglio semplificare e ottenere un consumatore intercambiabile, senza sesso, senza radici. Tutti devono desiderare le stesse cose, è più facile. Altro che concorrenza.

Burroughs adorava Vilfredo Pareto. Ecco dunque spiegati «passi» come il seguente: «Sono un elitista. Credo nel governo di chi è in grado di governare. (...) L'intera farsa del governo di maggioranza è una porta da cui entrano gli indegni, ben consapevoli che un'istanza selezionata, con capacità di discernimento, li relegherebbe invece ai lavori umili e impiegatizi che forse potrebbero essere in grado di svolgere.(...) La politica è l'unico campo in cui la stupidità e l'ignoranza sono sfacciatamente addotte come qualifiche per la carica».

Nel libro ci sono molte altre cose: trattati contro le donne («errore biologico») che scherzano sulla fama, diciamo pure meritata, di misoginia; ritratti di Hemingway, Fitzgerald, Conrad e molti altri scrittori; indicazioni per realizzare un bestseller, con la consapevolezza che non servono a niente.

Tutte da ridere le dissertazioni sui tre tipi umani: il Johnson, che si fa gli affari suoi e ha una sua moralità che lo spinge ad aiutare gli altri quando ne hanno veramente bisogno; il Gombeen, un ricattatore, usuraio, truffatore; le «merde» ovvero quelli che devono sempre aver ragione, escludere chi non la pensa come loro e ficcano il naso negli affari altrui perché non ne hanno di propri. Indovinate da chi è formata la maggioranza? Avete capito. State attenti a non pestarne troppi sul marciapiede.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica