Tutti i ventisette Stati europei danno ragione a Nicolas Sarkozy, presidente della Repubblica francese. La Commissione europea gli va contro e tenta di mettergli i bastoni tra le ruote. Siamo alla spaccatura radicale tra la burocrazia europea da una parte e la realtà di chi governa i Paesi dall'altra. Ma in che Europa viviamo? E soprattutto: a che serve un'Europa così?
La vicenda è nota, un breve riassunto. Il presidente Sarkozy ha deciso di eliminare i campi irregolari dei rom in territorio francese. Chi siano i rom non lo dobbiamo spiegare perché gli italiani lo sanno bene, a meno che non vivano nel Paese delle meraviglie. Da notare che la giustificazione portata dal presidente francese è la stessa che si legge all'interno dei documenti e delle direttive europee sugli immigrati e sui rimpatri. Un cittadino straniero può risiedere in un Paese se dimostra di avere un lavoro stabile (subordinato o autonomo), di avere le risorse economiche necessarie per far condurre alla propria famiglia e a sé una vita dignitosa, che non rappresenti una minaccia per l'ordine e la sicurezza e, infine, che non sia un onere per il Paese ospitante. Chiunque capisce al volo, se non è accecato da motivi ideologici e se è dotato della strumentazione cerebrale di base, che ben pochi sono i rom che potrebbero rimanere in Italia se fossero costretti a rispettare le regole europee e, sicuramente, in Francia la situazione non cambia.
Queste sono le regole. L'operazione di Sarkozy si chiama semplicemente rispetto delle regole. E fin qui il diritto. Ma se a questo si aggiunge anche la posizione di 27 Paesi europei, cioè tutti i Paesi europei che, in documento comune esprimono il loro accordo e la loro solidarietà all'operato del presidente francese, allora la situazione si complica. Il documento dice molte cose, ma la prima è forse la più importante di tutte: ogni Paese ha il diritto, in materia di sicurezza, di fare le leggi che vuole in relazione alla propria situazione, alle proprie finanze, alla propria tradizione, alla propria cultura. Si chiama sovranità e rispetto della medesima e fino a prova contraria non è nella disponibilità della Commissione europea né di nessun altro soggetto che non siano appunto gli stessi Stati sovrani.
Il commissario europeo alla Giustizia, Viviane Reding, si è permessa di paragonare i rimpatri alle deportazioni dei nomadi durante la Seconda Guerra Mondiale. È evidente che la signora conosce poco la situazione dei campi rom nei Paesi europei e i problemi di sicurezza gravissimi ad essi connessi. Ma più grave ancora è che un commissario europeo vada, di fatto, contro tutti i Paesi europei per portare avanti pensieri e posizioni personali. Il presidente della Commissione Barroso ha tentato di rintuzzare, ma la sostanza non cambia.
Sembra, ormai, che su certe questioni l'Europa stia da un parte e la realtà dall'altra. Se 27 capi di Stato e di governo firmano un documento così forte nei contenuti e nella forma, questo riveste il significato del cartellino giallo nelle partite di calcio. Non si può scherzarci troppo, perché poi arriva quello rosso.
Se poi questi Stati, e prima di loro Sarkozy stesso, fanno qualcosa che è in linea con le direttive europee e su quell'operato vengono richiamati da chi le direttive ha fatto, siamo anche al ridicolo.
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