Fra il 2019 e il 2020 le vendite dei libri in Italia hanno fatto come il gamberetto Pietro: un passo avanti, due passi indietro. È pur vero che l'anno non è ancora finito, ma non si vede come possa verificarsi il consueto rush, lo scatto natalizio che editori e commercianti aspettano tutto l'anno più del Bambin Gesù. Se quelli indietro non sono proprio due passi, sono almeno uno e mezzo. L'ufficio studi dell'Associazione italiana editori (Aie) ha da poco rilasciato i dati più recenti, puntando sul versante positivo, o per meglio dire su quello meno in ombra. Che è questo: sì, a marzo-aprile c'è stato un crollo del 70 per cento nella produzione e vendita dei prodotti cartacei, però poi il sistema si è organizzato e ha limitato le perdite. A ottobre i negozi sono tornati alla media di vendita dell'anno precedente. Con dei doverosi distinguo.
L'amministratore delegato e direttore generale del Gruppo editoriale Mauri Spagnol (Gems) Marco Tarò la spiega così: «Dopo lo shock di marzo-aprile, in tutto il mondo il libro ha ricominciato a camminare bene. Le librerie già si erano organizzate per le consegne a domicilio e gli store on line avevano resistito sia pure tra molte difficoltà. Dopo i momenti più cupi abbiamo avuto la piacevole sorpresa di qualche dato positivo. Forse la gente doveva smaltire la scorpacciata di televisione e serie a pagamento, non tutta roba di altissimo livello, e in fondo il libro era e resta uno dei pochi prodotti culturali disponibili». Avrà giocato anche il fatto che cinema, teatri e musei sono chiusi, e le librerie no... «Infatti. Se durante il primo lockdown le case editrici erano aperte e le librerie chiuse, dopo le librerie non sono state chiuse mai, anche per disposizione del ministro Dario Franceschini. E l'attività è continuata, anche se non uguale per tutti».
In effetti, andando a compulsare le tabelle si evince un dato: la vendita si è spostata sui negozi on line, Amazon e affini, e se fino all'anno scorso tre libri su quattro erano comprati da gente che se li andava a prendere in negozio, adesso siamo al 50 per cento. Un libro su due viene spedito a casa del lettore. Un bel cambiamento di abitudini. Gli e-book invece sono schizzati (relativamente) fra marzo e maggio, poi sono ridiscesi ai consueti livelli, cioè uno spicchio di mercato che nel complesso sarà il 5 per cento del totale.
«All'inizio i segnali sono stati confortanti, tali da pensare che il peggio fosse ormai alle spalle», spiega Domenico Errico, direttore commerciale e marketing di Solferino Libri (Rcs). «È stato - prosegue - un lavoro di ricucitura, visto il blocco delle novità del periodo marzo-maggio. Grazie anche alla spinta del canale fisico i dati segnavano crescita rispetto al giugno-settembre del 2019».
Un'altra domanda da porsi è se i lettori si trovino di fronte allo stesso numero di novità che negli anni precedenti, ricordando che i mesi di ottobre-dicembre sono quelli in cui le uscite si concentrano di più. Tarò conferma che «le novità non sono state ridotte, né da noi, né, da quanto mi risulta, dagli altri. La tentazione c'è stata, ma poi le uscite grosse sono avvenute regolarmente, nel nostro caso per esempio il nuovo libro di J.K. Rowling, l'autobiografia di Obama (in testa alla classifica), e il nuovo romanzo di Donato Carrisi».
Dopodiché, incombe il Natale, e qui lo stesso Errico parla di uno stato di «difficile interpretazione, in parte molto correlata alla colorazione delle regioni e con andamenti diversi anche nelle regioni stesse. A soffrire sembrerebbero le librerie di grandi superfici nei centri delle grandi città e soprattutto nei centri commerciali». In pratica, se la circolazione complessiva del bene-libro si va riassestando, sono stati i canali di distribuzione a modificarsi.
La stessa percezione si ha girando la domanda a editori più di nicchia, come racconta Tommaso Piccone della Bietti, che sta sperimentando soluzioni alternative. «Brutti mesi, in cui la vendita da parte dei negozi on line è andata in parte a compensare la perdita nelle librerie fisiche. Cioè, se prima le proporzioni erano 70 per cento e 30 per cento, poi sono state di 50 e 50. Ovviamente nei grandi spazi abbiamo sofferto. Compensiamo con un nuovo modo di offrire i libri, soprattutto da quando Amazon ha reso possibile il print on demand. A parte le nostre collane vendute solo in digitale, abbiamo sperimentato la doppia possibilità: il formato E-pub a 1,99 euro o la copia cartacea stampata appositamente per l'acquirente e recapitata (con Amazon Prime) a 4,99. Ci ha sorpreso che la carta sia ancora così richiesta».
E Natale è alle porte. «Certo, per Natale qualche piccola preoccupazione c'è. Eravamo abituati alle librerie strapiene per i regali dell'ultimo minuto, dato che un libro fa sempre comodo», dice Tarò. «L'Aie insieme con l'Ali (Associazione librai italiani) - spiega - ha lanciato la campagna per anticipare gli acquisti di Natale, come hanno fatto anche americani e inglesi con lo slogan novembre è il nuovo dicembre. Ha avuto più difficoltà chi dispone di una propria distribuzione nelle proprie librerie, quelle di catena quindi, soprattutto se ha grandi spazi di vendita».
Conferma Errico: «Mah, sappiamo che il Natale è il periodo più importante del mercato editoriale e che le vendite nel canale fisico sono strettamente correlate alla mobilità delle persone. Ma, nel complesso, penso che il libro resterà un regalo che gli italiani continueranno a fare e a farsi, che poi acquistino in libreria oppure in eCommerce, dipenderà come dicevo dalla mobilità delle persone. Una cosa è certa, il mercato non può sostenersi soltanto con l'eCommerce, quello del libro non è un acquisto che si fa comparando le caratteristiche e il prezzo come per altri beni, è un'esperienza spesso personale, sensoriale e anche consigliata da altri, non soltanto attraverso il cosiddetto passaparola, ma anche con il consiglio di un libraio. In conclusione, se ci saranno riaperture generalizzate come nel periodo estivo si potrà pensare a mitigare le perdite».
Sabato e domenica si sono viste lunghe file anche nei grandi spazi, per esempio nella Feltrinelli milanese di piazza Piemonte, che è stata chiusa da fine
estate per rinnovare gli spazi. Non sfugge però che, come per quasi tutte le sue omologhe, il bar è adesso la prima cosa che si incontra all'ingresso. Magari, da rifocillati o da ubriachi i libri si comprano più volentieri.
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