Prima delle influencer, prima ancora delle blogger, molto prima delle it girls, portatrici sane di moda, direttamente dentro le nostre case, erano le serie TV. Gli anni sono passati, le cose sono cambiate e si sono evolute, grazie all'arrivo delle nuove tecnologie, che ci permettono di fruire della moda direttamente con un click, accedendo ai social network, su cui spesso le maison mostrano in anteprima i capi che saranno di tendenza per le prossime stagioni. Eppure, il piccolo schermo riesce, oggi come ieri, a fare tendenza, ad essere considerato uno strumento più che efficace per fare conoscere nuovi marchi e per rendere abiti, accessori e brand oggetto di culto da parte di ogni donna esistente sul globo terraqueo.
La prima che ci viene in mente, a tal proposito, è sicuramente Sex and The City, la serie Tv americana che prima di ogni altra ha parlato di sesso al femminile, senza taboo e senza peli sulla lingua. Carrie, Samantha, Miranda e Charlotte vivono una vita fatta di cene, aperitivi, feste esclusive e, soprattutto, tanto shopping. Come faccia Carrie Bradshaw a comprare centinaia su centinaia di scarpe, scrivendo un articolo a settimana per la sua rubrica, rimane per noi un mistero. Ma un mistero invece non è il fatto che Carrie, acquistarice compulsiva di scarpe, veneratrice di due soli idoli, ovvero Mr Big e Manolo Blahnik, abbia contribuito enormemente a diffondere la fama dello shoes designer in maniera capillare, rendendo le sue creazioni una sorta di feticcio, un mito a cui ambire.
Allo stesso modo, Gossip Girl, è riuscita a fare entrare la moda che conta nelle case di milioni di telespettatori, senza distinzione di ceto sociale, educando a colpi di borse firmate, abiti scintillanti e look sofisticati, le nuove generazioni che dalle bocche di Serena van der Woodsen e Blair Waldorf hanno imparato a conoscere nomi come Coco Chanel e Christian Louboutin. In Gossip Girl, la moda non è soltanto il pepe che condisce la trama, ma diventa portata principale in alcune puntate dove si assiste a tutto quello che sta dietro ad una sfilata, dalla creazione alla realizzazione degli abiti, dal sitting agli inviti, fino ad arrivare allo show vero e proprio, che vede protagonista in passerella proprio Serena. I look delle ragazze di Gossip Girl, super curati e attenti (molto diversi ad esempio da quelli di Carrie, smaccatamente più eccentrici e fintamente lasciati al caso), le hanno fatte entrare di diritto nell'Olimpo delle fashion icon, dettando tendenza.
Se molte giovani fanciulle, poi, hanno cominciato a sognare una carriera come giornalista di moda, molto dobbiamo ad Ugly Betty, la serie americana che racconta il magico mondo delle sfilate secondo lo sguardo, nascosto da un paio di spessi occhiali, della giovane Betty Suarez, assistente della direttrice di una rivista patinata, mettendo in evidenza che questo mondo sempre magico non è e puntando anche l'attenzione sulle ombre di questo mestiere. La serie che sotto molti aspetti ricorda Il Diavolo veste Prada – anzi che forse ne trae ispirazione - nonostante riveli l'aspetto più torbido e cinico di un universo fortemente competitivo e spesso ingabbiato in ben precisi stereotipi, è riuscita ad instillare in molte ragazze, cresciute a pane e riviste, il desiderio di diventare novelle Anna Wintour.
Molte, sono, inoltre le serie Tv che hanno portato la storia della moda sul piccolo schermo, con grande successo di pubblico. La straordinaria vicenda delle Sorelle Fontana, ad esempio, è tornata di nuovo alla luce nel 2011, grazie alla miniserie diretta da Riccardo Milani per Rai 1, che ha raccontato la vita di tre sarte che, di umili condizioni, arrivarono a cucire i vestiti delle dive di Hollywood. Per non parlare di Luisa Spagnoli, una serie di due puntate che narrava la storia dell'imprenditrice, diventata famosa per avere fondato la Perugina - sfidando convenzioni e affrontando anche il duro periodo della guerra - e successivamente per avere fondato l'omonima casa di moda.
La moda, insomma, così elitaria, esclusiva e aristocratica, ha avuto, ha e avrà sempre un prezioso alleato nel piccolo schermo, così democratico, popolare e alla portata di tutti, dimostrazione che, a volte, gli ossimori riescono a funzionare e non solo in poesia.
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