Strade killer e animali selvatici, storie di pericoli e salvataggi

Un numero impressionante di animali selvatici muore durante l’attraversamento di strade killer costruite sulle originarie traiettorie dei loro spostamenti. Ecco alcune soluzioni adottate per salvarli

Strade killer e animali selvatici, storie di pericoli e salvataggi

C’erano una volta in Messico, nella penisola dello Yucatan per esempio, foreste tropicali incontaminate, impervie e poco accessibili all’uomo dove gli animali selvatici vivevano indisturbati in un naturale equilibrio, bilanciato dalla presenza di prede e predatori.

C’erano una volta, secondo il gruppo ambientalista americano The Nature Conservancy, più di 130 milioni di ettari di foresta lungo la Costa del Brasile che non esistono quasi più, occupati per il 70% dalla popolazione che vi si è insediata.

E, anche in Italia, c’erano una volta, in Lombardia per esempio, distese di pianura ininterrotta dove tra campi coltivati e laghi e stagni, la fauna selvatica si muoveva in libertà, minacciata solo dalla presenza di specie più forti della catena alimentare.

Poi l’urbanizzazione e l’esigenza di creare infrastrutture per favorire la mobilità di persone e merci ed agevolare lo sviluppo economico e turistico di un’area, è diventata una priorità, riducendo zone verdi che, ora, non esistono più.

Foreste pluviali e boschi tagliati in due da grandi carreggiate, strade sterrate di campagna sostituite da autostrade che hanno diviso campi da corsi d’acqua e hanno stravolto l’habitat rendendolo inospitale per la fauna selvatica.

Gli animali, hanno risposto ai cambiamenti afferrandosi caparbiamente a ciò che era rimasto nella loro memoria, insistendo su antichi ideali tragitti ingurgitati dall’asfalto grigio delle vie di comunicazione, mettendo in pericolo la loro vita.

In Lombardia, sulla poco frequentata autostrada A35 conosciuta come Brebemi (che collega le città di Milano e Brescia) nonostante le reti di protezione che impedirebbero qualunque incursione, sono stati riportati casi di attraversamento di famiglie di anatroccoli in cerca di cibo.

Ordinati, in fila indiana, ignari del pericolo ed intenti a cercare un varco nel new jersey divisorio di cemento per portare a termine il loro pericolosissimo viaggio, sfidano inconsapevoli la morte.

Una storia che si ripete ovunque, con le stesse dinamiche.

É il Brasile a detenere il primato del numero di morti secondo il Centro Brasiliano di Ecologia delle Strade dell'Università Federale di Lavras.

Sarebbero circa 450 i milioni di animali investiti ogni anno, ad un ritmo di 2,1 animali per chilometro al giorno tra tartarughe, gatti e cani selvatici, opossum, serpenti, formichieri.

Ma la buona notizia c’è e le iniziative volte a proteggere la fauna selvatica non mancano.

Da Playa del Carmen a Chiquilá, in Messico, per esempio, si può percorrere un’autostrada impressionante che si addentra nella selva messicana più fitta e ricca di animali come scimmie, procioni, roditori e grandi felini.

Protetta da entrambi i lati da una rete che impedisce alla fauna selvatica di invadere la carreggiata, è dotata di funi orizzontali sospese sopra la strada e fissate alle estremità degli alberi a formare lungo tutto il suo percorso delle vie di attraversamento, usate da alcune specie selvatiche per passare da una parte all’altra della foresta.

In Brasile sopra una strada che divide la riserva biologica di Poco de Dantas, nello stato di Rio, da un’area divenuta parco ecologico, si è costruito un ponte soprelevato (su ordine di un giudice, in seguito all'intervento di un pool di avvocati) sul quali sono stati piantati alberi nativi per facilitare il passaggio delle scimmie in pericolo di estinzione come elemento imprescindibile per ottenere l’autorizzazione alla costruzione della strada stessa.

Il Brasile è anche la patria della app Urubu, ideata dall’Università Federale di Lvaras, con lo scopo di creare una rete di vigilanti per monitorare e geolocalizzare in tempo reale tutte le morti, documentandole con fotografie, al fine di censire i luoghi che registrino il maggior numero di incidenti, per intervenire con soluzioni mirate.

In Lombardia, nella zona del bresciano i rospi Bufo Bufo sono tra gli animali più in pericolo di estinzione.

E il momento più delicato per la loro sopravvivenza è la stagione della deposizione delle uova che li vede transitare da una collina prospicente il lago, verso la riva, passando per una strada statale molto trafficata.

Abbiamo sentito Gatti Alberto, membro dell’associazione Monte Alto di Clusane (Brescia), attivo dal 2010 nel salvataggio degli animali.

Un lavoro iniziato in solitaria che ha visto molti nuovi volontari “rospisti” aggiungersi e il coinvolgimento della Comunità Montana locale.

Ci ha raccontato che qui, escamotages quali i tunnel creati come passaggi sotterranei per proteggere i rospi dalle auto in corsa durante l'attraversamento, non funzionano, anzi, la loro costruzione è sembrata controproducente :“è capitato di doverli liberare perché rimanevano incastrati e bloccati”, probabilmente perdendo l’orientamento.

Gli animali si lanciano istintivamente verso la pericolosa strada statale che taglia il percorso che porta al lago, perciò il lavoro più grande ed efficace è quello compiuto dai volontari che tra febbraio a marzo (periodo in cui le uova vengono deposte) formano delle vere e proprie catene umane di salvataggio.

Ne abbiamo salvati ed aiutati circa 3000 nell’ultima tornata, anche se qualcuno ci scappa…. Di notte, dall’imbrunire, ci diamo il cambio. Ci attrezziamo con dei guanti, torce e giubbetti catarifrangenti e li raccogliamo in secchi che trasportiamo sulla riva perché possano deporre le uova e riprodursi”, dice soddisfatto.

Ricordando la loro importanza per il sistema ecologico, nella conservazione della bio diversità, precisa che sono alla base della catena

alimentare, con il compito distruggere alcuni insetti nocivi per l’uomo.

Dei semplici cartelli stradali che avvisano le auto del loro passaggio stagionale potrebbero fare il resto, anche a protezione degli automobilisti stessi.

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