In Irlanda lo hanno sempre chiamato il Buon Popolo, o la Placida Gente. Ovviamente è invisibile e i suoi cittadini non sono umani... Ecco come appare (per coloro ai quali appare) chi lo compone: «Gli Esseri Fatati, che nel loro vero aspetto sono alti appena qualche pollice, posseggono un corpo etereo, quasi trasparente, delicato al punto che, quando saltellano su una goccia di rugiada, essa certo tremola, ma non si rompe mai. Entrambi i sessi sono di straordinaria bellezza e nessun essere mortale può stare loro a paragone». Le Fate, così belle, non vivono da sole, bensì in grandi compagnie. E sono potenti: hanno abilità quasi illimitate, che consentono loro di prendere qualsiasi forma e «di portarsi in un secondo alla distanza di cinque ore». Vanno però trattate con gentilezza: sono buone e placide ma anche ambigue e, quando si indispettiscono, per gli umani sono guai.
A conoscerle così bene da poterle descrivere come fossero visibili e da poterne raccontare le gesta, spesso con finali poco dignitosi per gli umani che le incontrano (e le bistrattano) è Thomas Crofton Croker (Cork, 1798 - Londra, 1854), che è il Grimm d'Irlanda. Senza fratelli e con moltissimi esseri a girargli intorno alla penna: lo Shefro, uno spiritello che vive in gruppo e il cui nome significa «pigmeo»; il Cluricaune, «un ometto vecchio e tutto rugoso» e maldestro quanto lo Shefro, che però se ne sta da solo; la Banshee, il «capo delle fate» o «donna bianca», che si lega alle famiglie più nobili e fa sentire il suo canto in occasione della morte di uno dei componenti del clan, battendo le mani e lamentandosi; il Phuka, uno spirito «oscuro e notturno» che «si manifesta come un cavallo nero, come un'aquila, come un pipistrello e costringe l'uomo di cui si è impossessato, e che non ha la minima forza di reagire, a vivere esperienze d'ogni genere in brevissimo tempo». E poi c'è la Thierna na Oge, la «terra della giovinezza», sommersa dalle acque, dove le persone non patiscono lo scorrere del tempo; ci sono colline che ospitano caverne delle Fate; nebbie che non si diradano mai; mulinelli che si formano sui sentieri al passaggio delle creature magiche; colline dove il Buon Popolo si raduna; canti funebri secondo la tradizione del keen, la lamentazione che gli irlandesi non avevano mai abbandonato, a differenza degli altri popoli indoeuropei...
Ecco, le 736 pagine di Fairy Legends, i «Racconti di fate e tradizioni irlandesi» raccolti da T. Crofton Croker con amore e passione e pubblicati ora da Neri Pozza, sono un dono; così come è un segno tangibile di amore e passione la prefazione della curatrice Francesca Diano, che a questo lavoro ha dedicato decenni di studi, da una prima edizione di quell'opera (del lontano 1825, per il prestigioso John Murray) che le venne regalata da un libraio antiquario di Londra.
Qui, per la prima volta, le tre raccolte pubblicate da Croker sono riunite, insieme a una sua lettera a Wilhelm Grimm e alla prefazione dei Fratelli Grimm alla loro traduzione in tedesco dell'opera. È un libro da gustare al sia, al crepuscolo, che non a caso in gaelico prende nome dalle fate (sia, appunto), perché è l'ora in cui talvolta si concedono agli occhi dei mortali.
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