Anche se nei supermercati e negli ipermercati di tutta Italia sono presenti in commercio esemplari a base di diversi tipi di carne, c’è un fatto che non si può cancellare: gli arrosticini sono fatti con carne di pecora. E costituiscono una fiera tradizione abruzzese.
Oggi è normale siano considerati uno street food, è usanza trovarli nelle sagre anche al di fuori dell’Abruzzo. Tuttavia le loro origini sono ben differenti da quelle di un cibo banale e si mescolano indissolubilmente con l’attività produttiva che caratterizza questa regione da tempo immemore: la pastorizia, quel mestiere immerso nella natura sana e meravigliosa, un mestiere che fu cantato dal vate Gabriele D’Annunzio.
Cosa sono gli arrosticini e come si preparano
Le origini degli arrosticini sono relativamente recenti, anche se si perdono nel leggendario. Secondo la vulgata più accreditata, furono realizzati per la prima volta nel 1930 proprio da due pastori che operavano nella piana del Voltigno. Pare che questi uomini, ricorrendo a bastoncini di vingh, una pianta spontanea reperibile presso il fiume Pescara, infilzarono dei pezzetti di carne di pecora reperiti dai punti dell’animale più difficili da spolpare. L’arrosticino quindi nascerebbe come piatto “povero” di recupero: si cercava di utilizzare qualunque pezzo di carne per evitare sprechi alimentari.
Con il tempo l’arrosticino è diventato in un certo senso più sofisticato, perché si avvale di parti più pregiate della carne di pecora. Tradizionalmente vengono usate le pecore giovani, che in dialetto locale si chiamano ciavarre, oppure carne di castrato.
Viene cotto su un particolare e tipico modello di barbecue chiamato “furnacella”: anticamente si utilizzava il metallo delle grondaie per costruirlo e in questo modo si è realizzato un braciere lungo e stretto. Questa forma permette la cottura degli arrosticini sullo spiedino ed evita che invece lo spiedino stesso si surriscaldi. Perché l’arrosticino, vale la pena ribadirlo, si mangia rigorosamente con le mani, estraendo i minuscoli pezzetti di carne con i denti dallo spiedino. Tuttavia viene servito nell’alluminio alimentare, per preservarne la temperatura. E magari con un buon bicchiere di Montepulciano d’Abruzzo, che costituisce il matrimonio prediletto per l’arrosticino.
Completano il quadro degli altri ingredienti. Per esempio l’olio piccante o un ramoscello di rosmarino, che aromatizzano l’arrosticino una volta che è stata completata la cottura. Oppure i pezzi di pane conditi con l’olio extravergine d'oliva, quel vezzo tipicamente italiano con cui si esalta il prodotto delle olive di qualità.
Le varietà di arrosticini
Esistono, per quanto riguarda la forma dei pezzi di carne, due tipi di arrosticini. Ci sono quelli “artigianali”, che vengono tagliati manualmente e quindi ogni pezzetto differisce lievemente dall’altro. Poi ci sono anche quelli di fattura industriale, che invece hanno una spigolatura perfetta e sono composti da cubi decisamente più regolari.
I cubi possono essere intervallati da pezzi di grasso. In alcune varianti si utilizzano invece foglioline di alloro oppure piccole fette di cipolla.
Anche sul fronte della carne ci sono delle variazioni consentite.
Perché gli arrosticini, pur essendo tra i Pat (Prodotti agroalimentari tradizionali italiani), non hanno la denominazione di origine protetta. Quindi è possibile che, pur trattandosi sempre di carne di pecora, si decida di utilizzare il “fetc”, ossia il fegato, da sempre ingrediente ricco di ferro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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