RomaInnanzitutto, una conferma: mercoledì il Consiglio dei ministri, dice Angelino Alfano, approverà un decreto per evitare le scarcerazioni dei boss e il blocco dei processi di mafia, dopo la recente sentenza della Cassazione. Riparerà, spiega a Lucia Annunziata nella trasmissione di Raitre In mezzora, all«errore tecnico» non del governo ma dei giudici che, dopo linasprimento delle pene del 2005, non hanno disposto il giudizio di fronte alle Corti dAssise. Per impedire guai, il provvedimento durgenza «ribadirà che la competenza è dei tribunali».
Poi, il Guardasigilli esamina il tema delicato delle norme che consentiranno al premier di non affrontare i suoi processi. Con una premessa: «Berlusconi non si sottrarrà alla giustizia, lui vorrebbe andare in tribunale sempre, ma per difendersi dovrebbe togliere tempo al governo. Quando avrà finito di governare si farà processare».
Il primo provvedimento, quello più vicino al varo dopo il sì della Camera, è il legittimo impedimento. «Non è ad personam - sostiene il ministro -, né pone Berlusconi al riparo dalla giustizia».
Quanto al processo breve, Alfano non lo vede come Gianfranco Fini su un «binario morto», dopo lapprovazione del Senato. Ma conviene che «non ha nessuna urgenza di essere approvato». Quello che sarà salvato, sottolinea il ministro, è «il principio che i cittadini debbano sapere il momento in cui si è condannati o dichiarati innocenti». Insomma, processo certo, più che breve.
E dopo i 18 mesi della legge-ponte sul legittimo impedimento, quale strada imboccherà il Pdl? Per Alfano non cè un bivio tra Lodo bis costituzionale (per sospendere i processi alle quattro massime cariche dello Stato e forse anche ai ministri) e immunità parlamentare. Si possono fare entrambe le riforme. Alfano è convinto che si debba «restituire alla Costituzione repubblicana la sua struttura originaria, cioè che largine che separa il potere legislativo e lordine giudiziario sia ricostruito». Dunque, un ritorno con dovute modifiche allarticolo 68, abolito nel 93. Ma questo non esclude un nuovo Lodo Alfano costituzionale, anche perché il premier potrebbe non essere parlamentare.
Il Guardasigilli non chiude allidea della ex An Giulia Bongiorno, che al lodo preferisce una «immunità rigorosa con alcuni paletti», che sia introdotta «parallelamente a una nuova legge elettorale» e «non preveda coperture per i reati contestati prima dellassunzione del mandato parlamentare».
Se ne può discutere, assicura il ministro. Con la presidente della commissione Giustizia della Camera Alfano concorda su un fatto: «Lobiettivo è quello di non sottrarre nessuno alla giustizia e al giusto processo». Scudo sì, ma solo fino alla fine del mandato. Il ministro non si sbilancia, però, sul momento in cui deve entrare in funzione la copertura: se da quando inizia la carica o anche per reati precedenti.
La Annunziata butta sul tavolo un altro argomento denso di polemiche: il ddl proposto dallex An Giuseppe Valentino, per modificare la legislazione sulluso dei collaboratori di giustizia, definito uniniziativa personale da non mandare avanti da Alfano e dal ministro dellInterno, Roberto Maroni. Il Guardasigilli ribadisce: «Non ne sapevo niente e sono contrario ad interventi del genere. Non credo che i pentiti siano il Vangelo. Sono utili nella lotta alla mafia, ma di solito sono criminali. Quindi, bisogna maneggiarli con cura». Ma per questo, secondo Alfano, bastano le leggi esistenti.
Quanto alle polemiche sulla politicizzazione e il protagonismo delle toghe, Alfano ripete che la libertà di espressione non si tocca, ma i magistrati «più appaiono terzi, più sono sobri e più nobilitano il decoro della loro funzione».
Chi fa la politica giudiziaria del Pdl, cè un antagonismo con Niccolò Ghedini? Alfano nega: sono due funzioni e due mestieri «differenti».
Infine, una stoccata ad Antonio Di Pietro, reduce dal Congresso della svolta «responsabile». Il Guardasigilli è ironico, nota piuttosto che ha candidato in Campania il «plurimputato» Vincenzo De Luca. «Per me lui è un presunto innocente, ma altrettanto Di Pietro è un conclamato incoerente».
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