I turisti che a Venezia passano sul ponte di Calatrava si fermano a fotografare quella specie di ufo nero e rosso, che nulla c'entra con il resto della città. Brutto ma utile, si potrebbe dire.
No, non è il caso dell'ovovia veneziana, progettata per trasportare i disabili e gli anziani da un lato all'altro del Canal Grande ma ferma da due anni, completamente inutilizzabile. E chi si prende la briga di smontarla? Chi la smantella corre il rischio di vedersi attribuire dalla Corte dei conti il danno erariale, cioè l'intero costo dell'opera: un salasso di 2 milioni di euro. Del tutto buttati. Operativa a singhiozzi dal novembre 2013, viene definitivamente chiusa quando una coppia di anziani americani rimane prigioniera per un guasto al culmine della salita: servono i vigili del fuoco per estrarre i due turisti dalla cabina che si ferma a causa delle batterie scariche.
Pur non essendo una struttura mastodontica, anche la cabina di Venezia rientra a pieno titolo nell'elenco dei nuovi ecomostri. E forse batte ogni record: è la prima opera chiusa per manifesta inutilità. L'impianto non ha un sistema di raffreddamento: all'interno dell'ovetto in estate si raggiungono i 50 gradi. Roba da rimanerci secchi, soprattutto se si considera che il percorso non è questione di pochi minuti ma è una «crociera» che dura più di un quarto d'ora.
I disabili e gli anziani preferiscono affidarsi al classico vaporetto, che ci impiega molto ma molto meno tempo. Le opzioni per il futuro dell'ovovia sono due: o investire altri soldi per migliorarla o smontarla del tutto e abbattere le barriere. Stavolta sul serio.
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