"Così aiutava la Russia a procurarsi la tecnologia"

Un libro appena pubblicato in Gran Bretagna mette sotto accusa Serge de Pahlen, ex manager Fiat e marito di Margherita, figlia dell'Avvocato: "È stato arruolato dal Kgb negli anni Ottanta"

"Così aiutava la Russia a procurarsi la tecnologia"

C'era una talpa del Kgb ai vertici della Fiat, primo gruppo industriale italiano. Di più: c'è un uomo legato ai servizi segreti russi nel cuore della famiglia Agnelli, la dinastia «reale» del capitalismo tricolore. Si chiama Serge de Pahlen, è il secondo marito di Margherita, figlia dell'Avvocato, ed è il padre di cinque dei suoi otto rampolli.

Sembra la trama, fin troppo avventurosa, di un thriller spionistico. Invece è l'accusa contenuta in quella che è considerata una delle più complete analisi del potere ex sovietico apparse negli anni recenti. A muoverla è Catherine Belton, a lungo corrispondente del Financial Times da Mosca. Terminato l'incarico e tornata a Londra ha messo a frutto anni di contatti con oligarchi, banchieri, uomini dei servizi di sicurezza: il risultato, un libro uscito a fine maggio in edizione inglese, «Putin's people», ha suscitato grande attenzione tra gli esperti di cose russe, che ne hanno sottolineato la ricchezza di fonti e la profondità di analisi.

AMORE E PETROLIO

Nella ricostruzione dell'ascesa al potere di Putin c'è anche un gustoso capitolo italiano dedicato appunto a de Pahlen. «Secondo un ex alto funzionario dei servizi di intelligence russi», scrive la Belton, de Pahlen era stato «reclutato dal Kgb durante gli anni Ottanta», ed era diventato «parte di una rete gestita da Igor Shchegolev, più tardi ministro delle comunicazioni con Putin, che a suo tempo era in servizio per il Kgb con la copertura di un incarico da corrispondente a Parigi per l'agenzia di Stato Tass». I compiti di de Pahlen, secondo la Belton, erano quelli di contribuire a fornire attrezzature per il settore petrolifero russo attraverso un network di aziende fidate. In quel periodo «stringe un legame dal valore incalcolabile», aggiunge la Belton, quello appunto con l'ereditiera di casa Agnelli.

I due si incontrano a Londra nel febbraio del 1982 e nell'aprile del 1983 nasce la loro primogenita Maria. La coppia vive a Rio de Janeiro, dove de Pahlen dirige la filiale sudamericana di Technip, multinazionale francese che si occupa di tecnologia per l'estrazione del petrolio. Dopo il matrimonio viene chiamato dall'Avvocato in Fiat do Brasil e verso la fine degli anni Ottanta arriva la nomina a presidente di Fiat Russia, con la vice-presidenza per le attività internazionali. A lungo de Pahlen, scrive Catherine Belton, fa avanti e indietro con Mosca, «coltivando i rapporti con i pezzi grossi del Partito e i banchieri stranieri più vicini al regime sovietico. La Fiat era sempre stata un partner chiave dei sovietici, e secondo due ex intermediari del Kgb, divenne un fornitore di tecnologia dual-use (ufficialmente a scopo civile ma utilizzabile anche per impieghi militari; ndr), attraverso una miriade di società amiche».

ORTODOSSI

De Pahlen, classe 1944, è nato in Normandia, ma la sua è una famiglia di antichissima nobiltà russa, le origini risalgono al medioevo, che viveva fino alla prima guerra mondiale tra San Pietroburgo e uno splendido castello nei Paesi Baltici. Con la fine dell'impero zarista il padre di Serge, che porta lo stesso nome, è costretto all'esilio e arriva in Francia. I legami con la cultura del Paese d'origine non vengono però mai recisi e anzi, Serge junior diventa un cultore dell'eredità slava, dell'identità tradizionale della Russia cristiana. Il conte e Margherita vivono nella tenuta della Pecherie, tra Losanna a Ginevra, dove, come scrive Gigi Moncalvo (I lupi e gli Agnelli, Rubbettino), uno dei giornalisti che meglio conosce casa Agnelli, «hanno costruito una cappella ortodossa tutta in legno e tronchi a vista, decorata da icone di padre Stamatis Skliris, uno dei maestri del genere. Il piccolo tempio è stato benedetto dal Patriarca di Mosca, Alexis II, la massima autorità religiosa greco-ortodossa».

Dal punto di vista professionale gli anni Novanta segnano la grande ascesa del conte: attraverso gli ambienti della diaspora russa in Francia ha già coltivato buoni rapporti con il sindaco di San Pietroburgo Anatoly Sobchak. Nel 1991 collabora a riportare in patria le spoglie dell'ultimo erede degli zar, il Gran Duca Vladimiro e in quell'occasione conosce ufficialmente il vice di Sobchak, Vladimir Putin. Tra i due scatta la scintilla. Per de Pahlen Putin è l'uomo in grado di riportare la Russia alla grandezza di un tempo. Lo racconta alla Belton Kostantin Malofeev, uno degli oligarchi più vicini sia all'inquilino del Cremlino sia al marito di Margherita Agnelli. «De Pahlen ha scelto subito Putin. Ha detto: quest'uomo la pensa come noi». Quando Putin, in trasferta a Parigi, incontra per la prima volta Jaques Chirac passa la sera precedente con de Pahlen per preparare il vertice. Più tardi è sempre de Pahlen a presentare Putin a Gianni Agnelli, in un incontro che avviene a Villar Perosa e a cui partecipano Cesare Romiti e l'amministratore delegato di Fiat Auto Paolo Cantarella.

Per il conte franco-russo l'apogeo è la prima visita di Putin in Italia da presidente. «Era ospite di Confindustria per un suo attesissimo discorso», scrive il già citato Moncalvo. «In prima fila Gianni e Umberto Agnelli, Giuseppe Morchio, Gabriele Galateri di Genola. Voi della Fiat avete un uomo eccellente in Russia, disse pubblicamente Putin. Umberto, alla fine, andò a stringere la mano a Serge: Ha fatto un ottimo lavoro. Gliene siamo grati».

Il conte de Pahlen si lega soprattutto a uno degli uomini emergenti dell'era putiniana, Konstantin Malofeev, capofila dell'ala più tradizionalista, più legata agli ideali della vecchia Russia. Malofeev, monarchico e zarista, noto in Italia per essere stato nominato presidente onorario dell'associazione Associazione Culturale Lombardia Russia, vicina alla Lega, conosce de Pahlen in una manifestazioni di legittimisti nel 1991, quando ha solo 17 anni. Ma la coppia è destinata a durare. Nel 2005 Malofeev crea un fondo di investimento, Marshall Capital, specializzato in azioni del settore telecomunicazioni e tecnologia. Non si sa chi siano gli investitori che gli affidano i loro denari, ma, dice la Belton, il giovane finanziere riesce ottenere «l'appoggio degli uomini dell'ex Kgb più vicini a Putin». Grazie a una serie di speculazioni su quote di società pubbliche come Rostelecom guadagna soldi a palate e oggi al suo fondo viene attribuito un valore intorno al miliardo di dollari. Ma non si occupa solo di affari. Con de Pahlen i rapporti sono stretti, insieme creano tra l'altro la Fondazione di San Vassily il Grande, che ha come obiettivo la diffusione dei principi della religione ortodossa nel mondo.

LA CRISI

A essere bruscamente interrotto è invece il rapporto di de Pahlen con la Fiat. Qui l'aristocratico manager russo è probabilmente vittima, piuttosto che della troppa vicinanza al Cremlino, delle lotte intestine di casa Agnelli (vedi anche l'altro articolo in queste pagine).

Alla morte dell'Avvocato, Margherita lamenta di essere stata tagliata fuori dal grosso dell'eredità, senza che nemmeno gli sia stato presentato un rendiconto realistico dei beni posseduti dal padre. I rapporti con i figli maschi del primo matrimonio, Yaki e Lapo Elkann, si guastano (sono migliori quelli con la figlia Ginevra). Nel 2004 Margherita raggiunge un accordo con la madre Marella per la divisione del patrimonio, ma più tardi l'intesa sarà oggetto di un contenzioso giudiziario, successivo alla scoperta di una serie di beni controllati da una finanziaria del Liechtenstein. Poco dopo la firma tra madre e nonna, Yaki Elkann, ormai ai vertici del gruppo, smantella la struttura internazionale. Serge de Pahlen, che la moglie Margherita propone di mettere al vertice in attesa che il figlio faccia esperienza, viene allontanato causa «ridimensionamento» delle attività. Per Yaki è il primo atto da neo-presidente della casa torinese. La madre Margherita fa notare a Moncalvo un particolare: Yaki, che nella lettera di licenziamento si rivolge al patrigno dandogli del lei, ha trascorso gran parte dell'infanzia e dell'adolescenza a casa di quest'ultimo.

De Pahlen, da parte sua, non reagisce e nel giugno del 2005 chiude formalmente il rapporto di lavoro con il gruppo torinese. Oggi si occupa di attività finanziarie e immobiliari (anche uno dei figli, Peter, lavora in Russia nel settore), e della gestione del patrimonio familiare, che è tutt'altro che trascurabile. Se si considerano insieme i suoi beni personali e quelli di Margherita, frutto dell'eredità paterna, si sfiorano, secondo la rivista svizzera Bilanz, i 2 miliardi di franchi svizzeri.

La sua passione è una piccola casa editrice, Les Editions des Syrtes, dedicata, come dice una presentazione su Internet «all'infinito mondo slavo, alla sua letteratura e alla sua grande cultura». Quanto alle accuse sui rapporti con il Kgb, dice al Giornale di non trovarci «nulla di consistente» e di non volerle commentare.

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