Ci sono anche i fan sfegatati, se non proprio della morte, almeno della maleducazione e della mancanza di cuore. Li vedi commentare pieni di astio i post altrui su Facebook o Twitter. Il tono gentile, e sinceramente commosso, con il quale tutti hanno reagito alla morte della scrittrice Michela Murgia non piace allo sciacallo da tastiera, felice di dare dell'ipocrita a qualunque personaggio pubblico non solo manifesti cordoglio ma anche abbia osato, in passato, criticare le posizioni, per altro apertamente provocatorie, della scrittrice. A partire da Giorgia Meloni e a finire con i cattolici più intransigenti. Agli sciacalli, esseri semplici che vivono di opposti: odio-amore, rabbia-gioia, arroganza-servilismo, sfugge che la vita è un dono fragile e che la morte, anche dell'avversario «ideologico», si rispetta. Sì. È possibile essere in totale disaccordo con la Murgia e comunque essere toccati e dispiaciuti. Abbiamo visto una lottatrice, per quanto partigiana e a tratti aggressiva, sconfitta dalla morte. Sappiamo tutti che quel momento arriverà anche per noi ma la rapida fine della Murgia fa impressione lo stesso. Spinge a chiederci come stiamo occupando il nostro tempo e quali sono le battaglie che vogliamo combattere. Davanti alla morte, si impongono la preghiera, la compassione e la riflessione. Anche se il defunto, la Murgia in questo caso, ha militato dalla parte opposta alla nostra su catechismo, femminismo, letteratura, queerness, concezione dei diritti. Neppure abbiamo apprezzato il tentativo riuscito di fare della propria morte un caso politico, al fine di parlare, ancora una volta, di camicie nere e famiglie fluide. La Murgia era la quintessenza delle idee vincenti nel mondo culturale. Le idee giuste, quelle necessarie per restare al centro della scena o almeno sulla scena. Vedeva fascisti ovunque, quasi sempre immaginari. In questa grottesca visione, la democrazia era in costante pericolo. Per non parlare della morale, a suo modo di vedere in mano a un pugno di bigotti che non vogliono saperne di famiglie queer. Nonostante questo, è possibile piangerla. La sua storia tocca tutti. Nessuna morte forse è stata più social di questa, accompagnata da post e fotografie sempre sorridenti.
La Murgia ha voluto raccontarcela in questo modo e forse i critici d'avanguardia dovrebbero pensare come, al di là dei libri, la sua eredità sia questa estrema sceneggiatura. Non è ipocrisia, come pensano i suddetti sciacalli. È semplice umanità. Quella cosa che ci siamo scordati per un pugno di like.
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