L'europarlamentare Roberto Vannacci (nella foto) ha vinto la prima battaglia legale con l'archiviazione della querela di Paola Egonu per la famosa frase sui suoi tratti somatici e l'italianità del Mondo al contrario. La levata di scudi che dipinge il generale alla stregua di un moderno schiavista emerge in ogni trasmissione tv e critica al libro.
Leggendo l'ordinanza, però, si capisce che dalla battaglia l'archiviazione potrebbe servire a vincere la «guerra» contro il politicamente corretto. Evidentemente c'è un giudice, dotato di buon senso, a Lucca. La paginetta vergata dal Gip, Alessandro Dal Torrione, che ha respinto l'opposizione della «parte offesa», la stella della pallavolo italiana, contro l'archiviazione già chiesta dal pubblico ministero, è illuminante. E dovrebbe essere letta ogni volta che prendono d'assalto Vannacci come il peggior razzista sulla Terra.
«Il giudice condivide il contenuto ampio e convincente della richiesta del p.m. di archiviazione, () in quanto frutto di una lettura accurata degli atti, in particolare della pubblicazione di cui si discute (il Mondo al contrario nda), esaminata non solo quanto alle affermazioni di cui alle pagg. 110-111, oggetto specifico di querela, ma nel più ampio contesto in cui esse si inseriscono». Vannacci ha scritto: «Anche se Paola Egonu è italiana di cittadinanza, è evidente che i suoi tratti somatici non rappresentano l'italianità che si può invece scorgere in tutti gli affreschi, i quadri e le statue che dagli etruschi sono giunti ai giorni nostri». Il breve passaggio è inserito nel capitolo sulla «Società multiculturale e multietnica» e segue l'assalto alla baionetta contro la «cancel culture» che vorrebbe «tirare un colpo di spugna su storia e tradizioni millenarie».
Il giudice per le indagini preliminari spiega che «si tratta di frase - quella relativa a Paola Egonu - che ben può essere valutata come impropria e inopportuna». Una critica espressa anche sulle colonne del Giornale, ma come si legge nell'ordinanza di archiviazione, «non risulta tuttavia emergere un superamento del limite della continenza che possa dirsi indicativo della volontà, da parte dell'indagato, di offendere gratuitamente la reputazione della p.o. (persona offesa nda), di denigrarla, di sminuirne il valore, di portare un attacco indebito alla persona». In pratica quello che ripete ogni volta Vannacci in pubblico, ma viene accusato di fare il trasformista e cambiare le carte in tavolo dai Savonarola del politicamente corretto, che inneggiano alla mannaia giudiziaria. E proprio dal tribunale di Lucca salta fuori che l'assenza di offesa gratuita «a parere del giudice, non consente di fondare una ragionevole previsione di condanna in un eventuale giudizio». E per questo motivo «non debba darsi corso alla richiesta dell'opponente di svolgere le indagini» che il coro di censori arruolati dal politicamente corretto chiedeva a gran voce. «In quanto tali indagini non appaiono - ad avviso del giudice () - esperibili con profitto ed utilità concreta, tale da poter condurre ad una diversa valutazione in ordine alla sostenibilità dell'accusa in giudizio». Pietra tombale sulla denuncia e archiviazione, senza se e senza ma, con un'ultima frase che pesa come un macigno: «Un eventuale processo penale non potrebbe che avere prospettive non favorevoli per la p.o. (Egonu, nda), nel senso di non poter determinare ragionevoli prospettive di condanna».
Vannacci si trova una seconda scure sul collo del giudice per le indagini preliminari del tribunale militare di Roma, che ha respinto la richiesta di archiviazione del procedimento «per istigazione all'odio razziale» del Mondo al contrario.
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