L'altolà di Cantone: "Non mi occupo di bolle di sapone"

La frecciata di Cantone a Mieli che ha profetizzato un nulla di fatto sull’inchiesta

Il giudice Raffaele Cantone
Il giudice Raffaele Cantone
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In audizione in commissione Antimafia il procuratore capo di Perugia, Raffaele Cantone, avverte: «Non mi occupo di bolle di sapone. E chi parla di bolle di sapone ne risponderà nelle sedi giuste. Esiste un limite a tutto, se non si conoscono gli atti non si può esprimere un giudizio». Il magistrato non fa nomi ma di fatto risponde alle dichiarazioni di Paolo Mieli che aveva parlato di «bolla di sapone» in riferimento all’inchiesta sul presunto dossieraggio alla Direzione nazionale antimafia.

Il giornalista ospite a Quarta Repubblica su Rete4 aveva parlato così del caso: «La presenza di Cantone mi garantisce al 101 per cento che questa inchiesta farà la fine di quella sulla loggia Ungheria, una bolla di sapone. Cantone è uno che accompagna dolcemente le cose al largo e poi...Anche andare in audizione al Copasir e alla commissione Antimafia, è un viaggio verso il nulla, una perdita di tempo enorme. Un senso l'ha già avuto questo caso, che gli spiati sanno che esistono delle attenzioni sudi loro». Dichiarazioni che avevano destato stupore. Il giornalista paragonava l'inchiesta sui presunti dossier alle indagini sulla ormai nota loggia Ungheria.

Ma l’esistenza di una presunta associazione segreta - composta da magistrati, politici, generali delle forze armate - rivelata nei suoi verbali di interrogatorio dall'avvocato plurindagato Piero Amara, era stata esclusa dalla Procura di Perugia, perché le dichiarazioni dell’ex legale esterno dell'Eni non hanno mai trovato alcun riscontro in sede di indagine. E il gip ha accolto la richiesta dei pm. Sui verbali di Amara l'unico rinviato a giudizio e condannato per rivelazione di segreto è stato Piercamillo Davigo, che dopo aver ricevuto quei verbali ne aveva rivelato il contenuto a membri del Csm e non solo. Ieri la corte d'Appello di Brescia ha confermato la condanna a un anno e tre mesi.

Un altro protagonista di un'inchiesta che aveva terremotato il Csm, Luca Palamara, ha chiuso a maggio scorso il filone principale del processo con un patteggiamento a un anno con pena sospesa. La Procura di Perugia aveva derubricato il reato di corruzione in quello meno grave di traffico di influenze illecite.

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