Il nostro Paese a rischio infiltrazioni. E i magistrati fanno finta di non vedere

Di fronte alla tragedia e ai pericoli incombenti che il famigerato attacco di Hamas ad Israele pone, probabilmente è una questione di poco conto ma descrive in maniera appropriata come mentre il mondo cambia c'è chi resta indietro

Il nostro Paese a rischio infiltrazioni. E i magistrati fanno finta di non vedere
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Di fronte alla tragedia e ai pericoli incombenti che il famigerato attacco di Hamas ad Israele pone, probabilmente è una questione di poco conto ma descrive in maniera appropriata come mentre il mondo cambia c'è chi resta indietro. È il caso di quei magistrati (Catania e Firenze) che continuano a negare la permanenza degli immigrati clandestini nei centri di accoglienza per delegittimare l'ultimo decreto del governo. Uno può metterla come vuole, ma è evidente - sempre che non ci sia l'ambizione di imitare gli struzzi mettendo la testa sotto la sabbia - che d'ora in avanti aumenterà di molto il rischio di infiltrazioni terroristiche nel nostro territorio attraverso le rotte dell'immigrazione illegale. Non bisogna essere delle aquile per comprenderlo: per cui al tema dei clandestini in Italia si aggiunge fatalmente anche quello della sicurezza. Non per nulla la nostra intelligence da sabato scorso ha aumentato i livelli di allerta anti-terrorismo.

Invece per le toghe di casa nostra ubriache di ideologia, a quanto pare, nulla è cambiato (l'ultima ordinanza che contraddice il provvedimento del governo è dell'altro ieri). E stesso discorso vale per quella sinistra che li plaude non riuscendo a guardare oltre il proprio naso. Eppure questa crisi durerà per molto tempo per il solo fatto che dopo l'azione di Hamas il mondo non sarà più come prima. Lo scacchiere medio-orientale e quello mediterraneo sono, infatti, diventati altri due teatri prospicienti in cui si misureranno i nuovi equilibri mondiali visto che il dramma di sabato scorso non ha come protagonisti solo Hamas ed Israele. Tutt'altro. Le folli congetture di un certo pacifismo hanno coniato un termine, «guerra per procura», applicato all'Ucraina che in questa surreale visione combatteva la Russia per conto degli Stati Uniti: in realtà Kiev difendeva solo la propria indipendenza. Per Hamas, invece, che ha indossato i panni dell'aggressore, l'immagine della guerra per procura su mandato dell'Iran calza a pennello. Neppure Teheran la smentisce: l'uso del terrorismo palestinese per far saltare gli accordi di Abramo tra Israele e Arabia Saudita è nelle cose. Ma se vogliamo ragionare sul risiko mondiale, se vogliamo pensare male visto che spesso ci si azzecca, ci sono altri attori non solo l'Iran interessati alla destabilizzazione del medio-oriente. La Russia di Putin che vede nel nuovo conflitto uno strumento per sviare l'attenzione internazionale dall'Ucraina e per aprire un altro fronte su cui l'Occidente dovrà impegnarsi con gli aiuti militari sottraendoli a Kiev. E la Cina che vede in tutti questi conflitti un modo per far abbassare l'attenzione dell'Occidente su quello che è il suo chiodo fisso: Taiwan. Insomma sono tutti «pezzi» di quella Terza guerra mondiale di cui parla Papa Francesco, che vede fronteggiarsi l'Occidente e uno schieramento anti-occidentale, anti-Nato che con il trascorrere dei mesi diventa sempre più nitido e a cui Putin ha dato un'accelerazione come risposta all'appoggio degli Stati Uniti a Kiev.

Basta pensare che quest'anno l'Iran nel giro di due mesi è entrata a far parte delle due organizzazioni che rappresentano il nerbo dello schieramento anti-occidentale nate su iniziativa della Russia e della Cina: il 4 luglio scorso gli ayatollah sono entrati a far parte dell'organizzazione per la cooperazione di Shanghai (S.C.O.) e il 24 agosto dei Brics. Insomma, è in atto una ridefinizione della geopolitica di vaste proporzioni. Con uno schema triangolare che vede la Russia, l'Iran e la Cina giocare la stessa partita come l'«Asse» (magari il paragone è ardito) nella seconda guerra mondiale. L'Italia farebbe bene a rendersi conto del terremoto politico globale al più presto.

Anche perché mentre per la guerra in Ucraina il nostro Paese è nelle retrovie, nelle vicende medio-orientali noi siamo sulla linea del fronte, probabile primo obiettivo del terrorismo islamico e della pressione migratoria usata come arma verso l'Europa. È da facili profeti, infatti, prevedere che la destabilizzazione del medio-oriente determinerà nuove ondate di profughi.

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