Roma - Casini si smarca: evoca la Grosse Koalition in salsa italiana, abbandona l’antiberlusconismo militante, sconfessa la linea Fini e di fatto sotterra il Terzo Polo e bacchetta perfino Marchionne. Il giorno dopo il discorso di Berlusconi in Parlamento, gran parte degli osanna sono proprio per il leader dell’Udc che, a differenza degli altri compagni di viaggio dell’opposizione, ha evitato toni partigiani e buttato in campo tre proposte, ora al vaglio della maggioranza.
La prima: anticipare gli effetti della manovra da 40 miliardi sul bilancio. La seconda: scrivere nella Costituzione che il pareggio di bilancio è un obbligo. La terza: istituire una commissione tra maggioranza, opposizione e parti sociali.
Sull’anticipo della manovra c’è scetticismo da parte del Pdl, tanto è vero che lo stesso Tremonti, sentita la proposta in Aula l’altra sera, ha fatto quasi un balzo sulla sedia: «Impossibile». Più guardingo Cicchitto: «Confrontiamoci: è possibile perseguire una politica di crescita continuando ad adottare politiche di estremo rigore solo con l’intesa con le forze sociali. E teniamo conto delle posizioni avanzate da Casini». Bocciatura piena invece dalle imprese, secondo cui, parole della presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, «farlo avrebbe un effetto ulteriormente depressivo».
Accolto l’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione, salutato da Berlusconi come «evento epocale», mentre sulla commissione anti-crisi c’è la volontà di approfondire: «È una proposta che dobbiamo capire - dice sempre Cicchitto - ma non la respingiamo in modo pregiudiziale». Mentre Gasparri è più dubbioso: «La Commissione che Casini ha proposto va realizzata nei fatti in Parlamento, dove maggioranza e governo Berlusconi sono aperti a un confronto sulle misure economiche».
Ma è su Berlusconi che Casini si smarca maggiormente dagli altri compari dell’opposizione: «Oggi nel paese non si possono consentire cose inutili. Sono 3 anni che chiedo le dimissioni di Berlusconi: poiché non le dà, è inutile continuare a perdere tempo».
Insomma, fare come Fini, Bersani e Di Pietro è inutile. «In Italia se non c’è una stagione di armistizio, se non c’è una pausa nelle liti quotidiane tra i partiti maggiori - e parlo del Pdl e Pd - se questi non si fermano un attimo e pensano a fare un patto limitato nel tempo come hanno fatto in Germania con la grande coalizione per risolvere i problemi, se si ha paura di perdere voti alle elezioni, le scelte impopolari che servono al Paese non si fanno». Uno schiaffo a Di Pietro, a Bersani ma anche a Fini. Il quale ieri, attraverso il suo colonnello Bocchino, ha invece tenuto una linea da ultras. Bocchino urlava con la bava alla bocca: «L’emergenza economica riguarda la credibilità della persona del presidente del Consiglio», «solo un passo indietro del premier farebbe fare un passo avanti all’Italia».
Antiberlusconismo allo stato puro, tanto che Fini sarebbe più a suo agio in un terzo polo composto da Di Pietro e Beppe Grillo.
Ma Casini graffia anche Marchionne che ieri l’altro aveva buttato là un «serve una leadership», salvo poi salvarsi in corner dicendo che «non ho fatto alcun riferimento a Berlusconi». Il leader dell’Udc lo fulmina: «L’ad di Fiat? Non è il vangelo io voglio poi vedere gli stanziamenti e gli investimenti in Italia che Marchionne ha promesso a tutti a fronte di una disponibilità del sindacato».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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