Marchionne: senza Italia la Fiat andrebbe meglio Sindacati: umilia operai

L’ad Fiat ospite di Fabio Fazio: "Nemmeno un euro dei due miliardi di utile deriva dalla parte d’impresa che ha sede nel nostro Paese". La Fiom? "Incoscienza pura". I confederali: "Parla da straniero e umilia gli operai". Sacconi: "Il Paese è pronto a diventare più competitivo"

Marchionne: senza Italia 
la Fiat andrebbe meglio 
Sindacati: umilia operai

Milano - Non è un caso che Ser­gio Marchionne abbia deciso di rimettersi in forma proprio in questo periodo, recuperan­do l’aspetto pimpante del suo primo giorno di lavoro a Torino (correva l’anno 2004). I dieci chili persi dalla scorsa estate a oggi («ho detto basta a pane, dolci, vino e pasta») e la mag­giore attenzione al cibo, visto anche l’incessante pendolari­smo con Detroit, hanno per­mes­so all’amministratore dele­gato di Fiat e Chrysler di prepa­rarsi anche fisicamente al non facile rush finale sul progetto Fabbrica Italia e il relativo inve­stimento di 20 miliardi.

Ospite ieri di Fabio Fazio a Che tempo che fa , su Raitre, Mar­chionne ha parlato di sé ( «lavo­ro 18 ore al giorno»), delle sue apparizioni in tv («sinceramen­te non le amo, però saluterei vo­lentieri la Littizzetto», ha pun­tualizzato nel camerino sbir­ciando nello studio attiguo), delle sue pause («ho assistito in Giappone al Gran premio di Formula 1; a proposito, sono fe­lic­issimo per la vittoria della Fer­rari in Corea ») e del futuro della Fiat in Italia che si deciderà pri­ma di Natale. E, al riguardo, sti­molato da Fazio, è andato subi­to al sodo: «La Fiat potrebbe fa­r­e di più se potesse tagliare l’Ita­lia - la sua riposta lapidaria - ; nemmeno un euro dei 2 miliar­di di utile operativo previsto per il 2010 arriva dal nostro Pae­se ». «E poi - ha aggiunto - i no­stri 6.100 dipendenti in Polonia producono oggi le stesse auto­mobili che si realizzano in tutti gli stabilimenti italiani».

Obiettivo del top manager abruzzese, ma con residenza in Svizzera e il doppio passaporto (italiano e canadese, «il secon­d­o lo uso quando vado negli Sta­ti Uniti »), è portare il Paese a re­cuperare posizioni nella classi­fica della competitività, con una promessa: «La Fiat è pron­ta a portare i salari degli operai ai livelli dei Paesi che ci circon­dano (il divario con le tute blu tedesche è, al netto, intorno al 25%, ndr ) a patto che la situazio­ne­cambi e si arrivi ai livelli com­petitivi degli altri Stati euro­pei ». Davanti alle telecamere l’am­ministratore delegato della Fiat ha quindi letto una classifica che pone l’Italia al posto nume­ro 118, su 139 complessivi, per quanto riguarda l’efficienza, e alla posizione numero 48 in ter­mini di competitività del siste­ma industriale. «C’è tutta l’Eu­ropa prima di noi- ha commen­tato - e non è certamente una pagella buona. È impossibile ignorare questi dati che, così co­me sono, disincentivano le aziende estere a investire un eu­ro in Italia». Via via le domande di Fazio si sono spostate sul tema del gior­no: i 10 minuti di pausa in me­no a Melfi («ma è un sistema che già si applica a Mirafiori»,la risposta) e, in particolare, i be­nefici al singolo operaio che in busta paga conta 1.200 euro al mese legati a Fabbrica Italia.

«Non abbiamo tolto il minimo livello di diritti accumulati ne­gli anni - ha osservato Mar­chionne - e, se si guarda all’ac­cordo di Pomigliano, l’unica co­sa div­ersa è che abbiamo cerca­to di assegnare ai sindacati la re­sponsabilità di quelle anoma­lie che vanno a impattare sulla produttività del sistema. Se do­vessimo smettere di fare auto in Campania si creerebbe un problema sociale, specialmen­te in una zona dove la camorra è molto attiva. Vogliamo, poi, evitare situazioni di anarchia come nel caso dei tre operai di Melfi che, con il loro atteggia­mento, hanno bloccato il lavo­ro di 1.200 dipendenti». Non sono mancate le punzec­chiature rivolte al «nemico» Fiom: «Solo il 12,5% degli ope­rai del gruppo è iscritto alla Fiom Cgil che, quindi, non rap­presenta la maggioranza. Me­no della metà dei nostri dipen­d­enti è iscritta a una sigla sinda­cale ». E nel camerino, prima di rientrare a Torino a bordo di una Maserati Quattroporte: «Le frasi di queste ore pronun­ciate da Maurizio Landini? «In­coscienza pura».

Il top mana­ger non lo dice apertamente, ma fa capire che dietro le uscite del leader della Fiom ci sono obiettivi politici mascherati da battaglia sindacale. Immancabile il commento sugli aiuti ricevuti dal Lingotto negli anni, argomento che Mar­chionne ha liquidato con gar­bo: «Siamo l’unica azienda che nel 2008-2009 non ha bussato al governo, anche se la collabo­razione tra lo Stato e l’industria è una cosa che si verifica in tutte le parti del mondo. E qualsiasi cosa sia successa in passato, il Paese è sempre stato ripagato creando realtà industriali».

Il pomeriggio in Rai di Marchion­ne si conclude con una vena di ottimismo e alla domanda del conduttore se c’è da fidarsi del futuro in Italia,l’amministrato­re delegato della Fiat replica: «Credo di sì, penso che sia possi­bile creare una realtà diversa; in Italia le potenzialità esisto­no, i problemi ce li creiamo noi».

Certe recenti affermazio­ni di M­archionne hanno indot­to qualcuno a pensare a un suo prossimo impegno in politica: «Ma scherziamo? - ha tagliato corto - io faccio il metalmecca­nico, nel senso che produco au­to, camion e trattori».

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