Mi sono imbarcato in un piccolo porto della costa salernitana per raggiungere un punto circa 20 miglia al largo, e là verificare la sopravvivenza di unastuzia impiegata per catturare lampughe; antica perché se ne conosce una rappresentazione su un vaso greco del V secolo a.C. trovato in uno scavo a Ischia; piccoli pesci bianchi e neri dipinti sullo sfondo di un cono dombra creato da intrecci di canne e con tuttattorno il disegno duna rete.
Quel sistema, dopo ventisei secoli, è ancora praticato dal pescatore di cui sono ospite. «Quando ho voglia di una buona cena a base di giovani lampughe - ci dice - preparo in alto mare un rifugio-trappola, e se la stagione è giusta so che le lampughe saranno mie». Adotta lo stesso sistema dipinto sul vaso greco, lombra proiettata sotto la superficie dellacqua da un intreccio di foglie di palma galleggianti. In quellarea i pesci giovani dalto mare vanno volentieri a ripararsi ed è facile catturarli.
Disposte in superficie grandi foglie di palma, il nostro pescatore le aveva ancorate al fondo con un cavetto doltre cento metri. Accanto scorgiamo un balenare di guizzi tra le foglie galleggianti, pesci a righe bianche e nere, i Naucrates ductor ritratti su identico sfondo dallignoto decoratore del vaso greco trovato a Ischia. La sorpresa mi spinge a saperne di più, e scopro che qualcuno conosce bene questa tecnica, ancora diffusa nel Mediterraneo, A Malta la chiamano cima, in Sicilia «cannizzata», a Maiorca capcér, in Tunisia jrid. Cerco altre notizie e la sento citare dai paletnologi del mare come tecnica impiegata da tempi di molto precedenti la pittura sul vaso greco di Ischia. La pesca che sfruttava zone dombra era probabilmente già conosciuta dalluomo preistorico installatosi lungo le rive marine. Qui, in giorni molto caldi, quel nostro antenato poteva aver notato un pesce rifugiato allombra di un corpo galleggiante, un ramo dalbero o un ammasso dalghe alla deriva, osservazione sufficiente a suggerirgli lastuzia di offrire rifugi simili, tramutandoli in trappola. La stessa impiegata in ogni dove nel tempo di secoli e nei millenni successivi.
Straordinaria forma di sopravvivenza, ma ancor più straordinaria la sua trasformazione in sistema tecnologicamente evoluto. Infatti, per la pesca daltura, vengono oggi impiegati in Atlantico dischi plastici inaffondabili, del diametro di vari metri, muniti dantenna trasmittente, che invia immagini colte da una telecamera subacquea applicata a ogni disco.
Captate da monitor montati sui pescherecci, permettono di segnalare la presenza dei pesci allombra del corpo galleggiante, e di passare alle operazioni di cattura quando essi raggiungono un numero sufficiente.
Il tempo remoto proiettato in un presente già coniugato al futuro. Un altro confondersi tra passato e presente ha per sfondo lo Stretto di Messina. Qui un ben noto sistema per catturare il pesce spada, il mitico Xiphias gladius, è stato utile a ricercatori impegnati in missioni intenzionate a saperne di più su questa creatura marina.
Tra Sicilia e Calabria, luomo la cerca, la insegue e a volte la cattura usando scafi dalla prua prolungata da una passerella sospesa per circa 8-10 metri sul mare, ponte di lancio per larpionatore. Unimmagine ben nota, considerando il gran numero di film, servizi televisivi e giornalistici dedicati a questi marinai e a queste imbarcazioni sovrastate da un traliccio metallico, sproporzionatamente alto dove sale e sappollaia luomo di vedetta. Tecnica antica: gli «spadai» dun tempo disponevano come oggi di barche con osservatorio sopraelevato, pali di legno con perni laterali per consentire davvistare di lassù la difficile preda, difficile per la velocità, tra le maggiori fra i pesci, e per lestrema diffidenza. Alla minima sensazione di pericolo, lo spada scompare verso labisso, la sua casa, dove luomo è riuscito difficilmente a penetrare. Per questo ancora oggi di lui si sa poco o nulla.
Nel 2006, un gruppo di biologi è finalmente riuscito a marcarne alcuni agganciando al loro dorso trasmettitori satellitari «Pat Tag». Operazione che si esegue con relativa facilità su diversi esseri marini al momento delle loro emersioni; ma difficile con gli spada, perché affiorano in superficie solo con guizzi imprevedibili. Salvo eccezioni ben note ai pescatori dello Stretto di Messina, per secolare pratica esperti conoscitori di alcune abitudini della loro preda. Come il trattenersi in superficie delle coppie in amore.
Basandosi su questindicazione i ricercatori sono finalmente riusciti ad applicare sul dorso di alcuni spada i loro sofisticati strumenti e hanno potuto registrare così profondità e temperatura dellacqua quando lesemplare è scomparso dopo la marcatura, indicandone la posizione. Dati immagazzinati nella memoria dello strumento e successivamente inviati al satellite Argos, quando il trasmettitore si sgancerà dallanimale e salirà in superficie. Si è così cominciato a sapere qualcosa di più. Durante le ore di luce lo spada si immerge sino a 600 metri e oltre, di notte risale in superficie e pochi minuti prima dellalba si immerge nuovamente per tornare a grandi profondità. Dimostrando la stupefacente capacità di superare più volte in pochi minuti brusche variazioni di pressione e di temperatura senza subire danni.
Lesperienza del passato in aiuto alla scienza del presente. Si potrebbe dire: lavvenire della memoria.
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