La figlia di Pound non è solamente la figlia di Pound. La quasi centenaria Mary de Rachewiltz (foto), classe 1925, nota soprattutto per il suo legame filiale con l'autore dei Cantos, è lei stessa apprezzata scrittrice, attenta studiosa e soprattutto raffinata poetessa, come dimostra Processo in verso, la raccolta di tutte le sue poesie italiane curata da Massimo Bacigalupo e pubblicata dall'editore Bertoni (pagg. 378, euro 22). Già traduttrice ufficiale dei Cantos di Ezra Pound, pubblicati integralmente in italiano nei Meridiani Mondadori nel 1996, Mary ha all'attivo molte traduzioni di altri scrittori e poeti come Leo Frobenius, Ernest Fenollosa, James Laughlin, E.E. Cummings, Ronald Duncan, Robinson Jeffers, Denise Levertov. Delicata memorialista, nel saggio Discrezioni (1973) racconta con garbata precisione la sua intricata vicenda famigliare di altoatesina, figlia naturale di un poeta e di una violinista americani, che la educarono all'amore per la parola scritta e alla passione per la bellezza. Della medesima generazione di Cristina Campo, appartiene come lei alla schiatta degli «imperdonabili», ossia di coloro che, secondo appunto la definizione della sopra citata poetessa, «hanno la passione della perfezione», e che, proprio per questo, non hanno spazio nella nostra epoca caotica e superficiale. Motivo, questo, che spiega come, in Italia, non sia stata dedicata sufficiente attenzione a questa rilevante presenza femminile nel mondo culturale del Novecento e oltre.
Nata italiana, di madrelingua tedesca e di lingua acquisita inglese, era inevitabile che i primi libri su di lei fossero scritti in tedesco, come bel il volume fotografico Auf der Seite meines Vaters Ezra Pound di Helmut Luther (Athesia editore) e in inglese, come la biografia Let the Wind Speak (University of Pennsylvania Press) di Carol Loeb Shloss, mentre in italiano abbiamo il libro intervista firmato da Alessando Rivali per Mondadori, Ho cercato di scrivere paradiso e, ora, finalmente, la sua opera poetica completa, che racchiude le cinque raccolte italiane pubblicate (prevalentemente da Scheiwiller) tra il 1965 e il 2002 e i componimenti apparsi su varie riviste, da Nuova antologia e Poesia fino a Studi cattolici. Il miglior ritratto di Mary come poetessa ce lo fornisce lei stessa nel 1965, con la nota alla prima raccolta di componimenti italiani, Il diapason: «Non ho messaggi da proporre. Appartengo a nessuna scuderia. La mia vigna si chiama Tradurre»; discorso ripreso trent'anni dopo, nella prefazione a Polittico, dove avverte il lettore che le sue poesie «sono un ponte che mi ha ricondotto nel seminato italiano da cui avevo tentato con tutte le mie forze di uscire», ma nel quale è stata, volente o nolente, ricondotta, e, diciamo noi lettori, per fortuna.
Ricorrono nei suoi versi i paesaggi di tutto il mondo, dalle montagne del natìo Tirolo alle città d'arte Firenze e Venezia della sua infanzia e giovinezza; dall'America dove studiò sulle carte paterne all'Africa nera, dove visse passioni brucianti; fino al ritorno alla terra madre altoatesina, dove attende di varcare il secolo d'età circondata da figli, nipoti, pronipoti e soprattutto dai ricordi e dagli oggetti che popolano e affollano il castello di Brunnenburg - Castel Fontana, la sua residenza nel comune di Tirolo, ancora adornata da quelle «maschere tirolesi» che furono il suo primo libro. Una vita intensa e faticosa, divisa tra gli obblighi famigliari e l'amore per la vita libera che aveva assaporato da bambina; un'esistenza segnata dalla apparente contraddizione tra l'amore per la dimensione contadina e la passione per lo studio severo. Già sessant'anni fa scriveva: «la trappola si è fatta /gabbia di libri.
C'è chi/te ne manda a pile/ per ingrossare le sbarre (...) Eppure s'ode un fruscìo / d'ali e pare che dica: /è un castello di carte, / lo butteremo giù,/ costruisciti una scala / a spirale coi libri / per gradini e Sali / amorosa nella scia/ del vento solare».
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