A Massenzio la lezione multietnica di Zadie Smith

Francesca Scapinelli

«Ogni uomo è il terreno del possibile e i romanzi parlano di questo». Così Elisabetta Rasy, ospite ieri sera del penultimo appuntamento del Festival Letterature con l’inglese Zadie Smith, spiega il percorso scelto, ossia la vocazione che dal mondo dell’università e delle redazioni di giornali l’ha portata alla saggistica e, in maniera ancor più decisa, alla scrittura romanzesca.
«Scrivere una biografia di un personaggio è ovviamente diverso dal raccontarne la storia - continua la Rasy, tra le firme del Corriere della Sera -, un po’ come il negativo, in fotografia, è diverso dal positivo e sono entrambi importanti». Una biografia, chiarisce, «fornisce date e riferimenti precisi», mentre nella storia «c’è tutto ciò che del personaggio non si sa, le cose che sono rimaste solo desideri o intenzioni».
Romanzo storico e «romanzesco», la mescolanza di storia e finzione, hanno lo stesso peso, entrambi sono mezzi di conoscenza della realtà visto che, conclude l’autrice di Tra noi due (Rizzoli), «i fatti avvenuti e quelli mancati sono altrettanto rilevanti». Per rispondere al tema della rassegna, la Rasy ha letto per il pubblico di Massenzio il racconto inedito Scrivimi. Lo spunto è dato da una segreteria telefonica, «un marchingegno artificiale che registra la voce umana, naturale». «Ci sono persone che vengono da lontano e riescono a prendersi cura di noi meglio degli strumenti artificiali», racconta la Rasy che, nata a Roma, ha alle spalle una famiglia composita (greca, inglese, napoletana) e che quindi al tema multiculturale e multietnico è oltremodo sensibile.
È simile la visione del mondo di Zadie Smith, giovane scrittrice che si è imposta a livello internazionale con Denti bianchi e, da ultimo, Della bellezza (Mondadori), finalista al prestigioso Booker Prize e, pochi giorni fa, vincitrice dell’Orange Prize for fiction.
Il suo ultimo romanzo, infatti, attraverso le vicende che accomunano due famiglie, parla di tensioni razziali e delle complicazioni insite in tanti aspetti del melting pot. Complicazioni - spiega la scrittrice britannica - che sono anche fattore di crescita: «Non ho punti di riferimento fissi. Trovo che ognuno debba leggere solo ciò che provoca interesse. Io, per esempio, ho un retroterra giamaicano ma i modelli li scelgo ovunque, come è giusto per tutti». E, a proposito di una «discendenza» da Charles Dickens indicata da molti critici, confessa: «Lo amo molto, la sua registrazione attenta di ogni dettaglio e registro linguistico è straordinaria. Però, tra Dickens e me ci sono tanti, tanti scrittori!»
La Smith, introdotta dall’attrice Valentina Cervi (che ha prestato voce a un brano da Della bellezza, esempio della sua maestria nel costruire dialoghi), ha composto per il pubblico romano il racconto Camera senza libro, una riflessione sulla scrittura del nuovo libro, ultimato in quattro anni, e sulle aspettative del lettore. Anche l’accompagnamento musicale ha portato suggestioni di una musicalità globalizzata con Javier Girotto e Luciano Biondini.


Questa sera chiuderà il festival Gore Vidal, introdotto dall’attore Massimo Popolizio. Basilica di Massenzio, ingresso libero, ore 21 (è necessario il biglietto, da ritirare al botteghino dalle ore 19). Informazioni: 06.39967850.

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