Seconda prova scritta, diversa da indirizzo a indirizzo. E per il diploma linguistico quest’anno per la prima volta ha debuttato il cinese. Al civico liceo linguistico Manzoni. I candidati hanno potuto scegliere: rispondere a cinque domande relative a un testo di letteratura oppure rispondere a un analogo numero di quesiti su un tema di attualità. Al liceo scientifico prova di matematica. Una prova ritenuta «accessibile», nonostante due quesiti dagli stessi commissari giudicati poco chiari.
Ma per chi è bravo, non c’è stato nessun problema: al Leonardo da Vinci il primo a lasciare l’aula d’esame è stato uno studente che ha recentemente vinto le olimpiadi di matematica. Non ha invece affrontato la prova una studentessa dell’Istituto tecnico Galvani: è arrivata a scuola alle 10. La scusa? «Ho dovuto accompagnare mia sorella in ospedale». Giustificazione che però la commissione non ha ritenuto valida. Recupererà alla prova suppletiva il prossimo 8 luglio. In genere una prova all’insegna della normalità: «Ma mi pare solo formale – ha commentato Diodato Pellegrino, un ispettore esperto chiamato in servizio dalla pensione proprio per tenere sotto controllo la situazione –. Riceviamo ogni giorno dai presidenti di commissione decine e decine di telefonate. Domande che mirano a garantirsi particolari di piccole regole. Ho l’impressione che siano in campo persone alle prime armi, molti addirittura dei semplici docenti».
Ma è sulla sostanza delle prove che lo 007 è perplesso. «Dopo quindici anni della riforma dell’esame di Stato – continua – raramente vengono affrontate le prove con lo spirito indicato dalle norme. Soprattutto per il colloquio. I commissari continuano a interrogare ognuno secondo la propria disciplina. Il colloquio dovrebbe essere interdisciplinare, ma quasi nessuno ne tiene conto». Un concetto peraltro ribadito dal neodirettore scolastico regionale Giuseppe Colosio che ricorda quel che ha scritto nei giorni scorsi in una lettera indirizzata agli studenti milanesi. «Di fronte a ogni prova concentratevi su voi stessi, piuttosto che sul programma, su ciò che avete voi in testa piuttosto che su ciò che sta scritto nei libri e nei manuali scolastici. Questo è il senso autentico dell’esame di Stato: non la ripetizione delle prove scritte e orali che avete sostenuto durante i cinque anni di scuola superiore, ma l’esibizione alla commissione e, diciamolo pure, a voi stessi di ciò che è entrato nel vostro patrimonio intellettuale e della consapevolezza che ne avete per la vostra crescita personale e per il vostro futuro di studio o di lavoro».
«L’ho scritto agli studenti – osserva Colosio – ma nella speranza che mi leggessero anche i commissari chiamati a impostare le prove sulla base di questi concetti». Ma l’esperto ispettore non si illude: «Nessuno dopo la riforma dell’esame ha aggiornato i docenti che continuano a sostenere queste prove in modo monodisciplinare. La riforma così è tradita».
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