Una maxi frode scoperchiata dagli uffici di Milano e Palermo della Procura europea (Eppo) che coinvolge circa 200 indagati e ha portato a sequestri per un valore totale di 520 milioni di euro. Il gip di Milano Mattia Fiorentini ha disposto 34 misure di custodia cautelare in carcere, nove arresti domiciliari e quattro interdittive dall'attività d'impresa.
Le imprese coinvolte nell'operazione «Moby Dick» sono circa 400. L'inchiesta, condotta dai pm della Procura europea antifrode di Milano Sergio Spadaro, Giordano Baggio e Gaetano Ruta e dai colleghi palermitani Calogero Ferrara e Amelia Luisa e affidata alla Guardia di finanza dei Comandi provinciali di Milano, Palermo e Varese, riguarda il commercio di prodotti informatici, i cui profitti milionari sarebbero stati riciclati a favore della mafia. Le accuse sono, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla frode Iva intracomunitaria con fatture inesistenti, riciclaggio e reati fallimentari, con l'aggravante di aver agevolato gruppi criminali camorristici e mafiosi e di aver usato il metodo mafioso. L'operazione si è svolta in Italia e all'estero (Spagna, Svizzera, Olanda, Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca ed Emirati Arabi).
Le indagini hanno ricostruito false fatturazioni per 1,3 miliardi di euro nel solo periodo 2020-2023. I sequestri disposti nei confronti delle persone e delle società indagate hanno riguardato beni mobili e immobili. Il valore di 520 milioni di euro è stato individuato come profitto complessivo della frode, pari all'Iva evasa. E i sequestri preventivi per il riciclaggio hanno colpito immobili per un valore totale di 10 milioni di euro. Tra questi, un residence a Cefalù (Palermo) e altri edifici riconducibili alle società indagate a Chiavari (Genova), Bellano (Lecco), Noli (Savona), Cinisello Balsamo (Milano) e Milano. Sette delle persone destinatarie di misura cautelare in carcere si trovano all'estero, tra Repubblica Ceca, Olanda, Spagna e Bulgaria. Per loro è stato emesso il mandato di arresto europeo (Mae). Per il giudice, che ha accolto la tesi dei pm, va riconosciuta ai vertici dell'associazione l'aggravante di aver investito i profitti delle frodi per favorire clan della camorra e della mafia e di aver utilizzato il metodo mafioso. Ieri sono state eseguite oltre 160 perquisizioni in 30 diverse province in abitazioni, uffici e aziende riconducibili agli indagati.
Sono state impiegate anche le unità cinefile delle Fiamme Gialle, con i cash dog che fiutano i contanti nascosti. Alla maggior parte delle società coinvolte viene contestato l'illecito amministrativo dipendente dai reati elencati, come previsto dalla legge 231 del 2001.
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