da Washington
John McCain pare convinto che lIrak sia il suo destino. Anche se la guerra è sempre più impopolare e il successo sempre più lontano e forte la tentazione di molti elettori, anche repubblicani, di esprimere la propria disapprovazione il novembre prossimo votando per il candidato dellopposizione. La maggior parte degli aspiranti alla candidatura del Grand Old Party cercano, di conseguenza, di parlare il meno possibile dellIrak e concentrarsi su altri temi, soprattutto di politica economica, che dovrebbero essere il forte per il partito di Bush, che ha guidato uno dei periodi più prosperi per lAmerica.
McCain invece sceglie una strada molto diversa: affrontare il tema iracheno e presentarsi come luomo che ha la convinzione e lesperienza per portare il Paese fuori dalliniziativa in cui si è impantanato non abbandonandosi allo scoramento ma proponendo una strategia alternativa di vittoria.
Così il senatore dellArizona, nellannunciare mercoledì sera di aver compiuto il penultimo passo verso la formalizzazione della sua candidatura, è ora in partenza per Bagdad donde ritornerà per dare il via ufficiale alla sua campagna.
Per adesso McCain ha confermato che le truppe americane «devono rimanere in Irak» e ha ribadito il suo sostegno alla decisione di Bush di inviarvi rinforzi. Non potrebbe fare diversamente, del resto, dal momento che è quello che egli ha sempre chiesto: una guerra condotta «per vincere» con tutti i mezzi necessari a cominciare dalla «manodopera» militare.
La critica a Bush di questo esponente repubblicano è insomma di segno opposto a quello dei democratici e di molti repubblicani «moderati». La guerra è stata condotta male. Lex ministro della Difesa Donald Rumsfeld è stato «il peggiore della storia americana». «La gente è frustrata e ne ha tutti i motivi, a cominciare dalla perdita di tanti tra i nostri tesori più preziosi, le migliaia di soldati caduti in Irak per colpa anche di una strategia sbagliata».
McCain, veterano del Vietnam e per anni prigioniero dei vietcong, non ha dunque cambiato idea, anche se la sua scelta di strategia elettorale contiene un senso di urgenza: lopinione pubblica gli si sta voltando contro.
I sondaggi rivelano che nelle ultime settimane non solo il senatore dellArizona ha perduto la «pole position» di cui godeva alla vigilia, ma è stato superato e addirittura doppiato dal suo rivale principale in campo repubblicano, lex sindaco di New York Rudy Giuliani.
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