«Meno consumi e fuga di capitali se vince Prodi»

Marcello Chirico

da Milano

Avrebbe potuto limitarsi al copione tradizionale, ovvero taglio del nastro e discorsetto di prammatica. Invece la visita inaugurale fatta ieri dal premier Silvio Berlusconi alla 63ª edizione del Salone del Motociclo è stata meno banale del previsto, semmai l’occasione per chiarire tante cose. Oltre due ore di visita - tra intervento dal palco e passeggiata tra gli stand (più pranzo) della nuova Fiera milanese, «vanto italiano - ha sottolineato il Cavaliere - dove mi piacerebbe organizzare una riunione del Consiglio dei ministri, in modo da dargli visibilità, tanto è bella» - e durante quei 120 e rotti minuti Berlusconi è andato a ruota libera, raccontando - come si dice in questi casi - le cose come stanno per davvero. Su case ai poveri, Finanziaria, pensioni, economia, Moggi e - soprattutto - se stesso. L’unico «santo», in un’Italia dove - come ha ironicamente rilevato il presidente dell’Eicma (l’ente organizzatore del salone) Guidalberto Guidi «c’è qualche navigatore, pochi poeti e nessun santo». «Quel santo sono io - ha immediatamente contrappuntato il premier -. Faccio una vita inimmaginabile e la mattina, quando mi guardo allo specchio, mi rassicuro perché vedo la faccia di una persona perbene».
«Se fosse vero quello che dicono di me avrei paura a stare con me stesso - si è sfogato il presidente del Consiglio -. Non posso accendere la tv, sfogliare un giornale, ascoltare la radio perché ce l’hanno tutti con me». Media in testa, accusati dal premier di stravolgere ciò che lui dice.
L’ultimo esempio? Quella storia delle case ai poveri «che - rimarca il Cavaliere - è stata subito trasformata in più case per tutti, ma non è così. Stiamo invece lavorando a un piano in grado di dare abitazioni accessibili, moderne e confortevoli ai più poveri. Un piano che, penso, sarà pronto per la campagna elettorale».
Quindi Berlusconi è sceso più nel dettaglio: «In Italia - ha spiegato - c’è un elenco enorme di sfrattati: se usiamo terreni che costano poco e ci costruiamo case da offrire poi a costoro, e non al 19% degli italiani che vivono in affitto ma solo ai più bisognosi, penso che si possa realizzare un piano fondato per i prossimi 5 anni». Chiosa (polemica) finale: «Adesso però non so cosa verrà fuori da queste mie dichiarazioni, ma io vado avanti lo stesso anche se la mia è una vita grama. Forse è meglio che non parli più col cuore ma mi limiti a leggere compitini scritti, come facevano i politici di una volta».
Seconda accusa: quella di voler alzare l’età pensionabile a 68 anni. Ma «non è così, esiste un patto di maggioranza sulla riforma previdenziale e io lo rispetto. Una riforma, tra l’altro, che per la prima volta ha riportato, dopo decenni, l’Inps in attivo. Non ho mai proposto i 68 anni, anche se non è un sacrilegio parlarne. In Italia si lavora meno che negli altri Paesi, pur se per la prima volta nella storia della Repubblica lavorano 22,5 milioni di persone».
Terza precisazione-considerazione sul benessere/malessere economico, che è stata soprattutto un affondo elettorale. «La sinistra - è partito lancia in resta il premier - non fa altro che parlare di 35 ore, estensione dell’articolo 18 alle aziende con meno di 15 dipendenti, di nuove tasse di successione, sul patrimonio, imprese, Bot, Cct e dividendi. Tutte cose ingiuste e sbagliate che provocherebbero la fuga dei capitali all’estero e avrebbero riflessi sui consumi. Ad oggi il patrimonio delle famiglie è 10 volte superiore al Pil, siamo primi in Europa per acquisto di cellulari, tv, lavatrici e lavastoviglie, tutti sintomi di un benessere diffuso e non elementi minori. Con tutto ciò noi vogliamo continuare a fare dell’economia sociale che non lascia emarginati nella malattia, nella vecchiaia, nella non integrazione. L’obbiettivo del governo è coinvolgere nel benessere chi ne è escluso, altro che disinteressarcene». Morale: «Proprio perché siamo un Paese con un benessere largamente diffuso e ci preoccupiamo dei più poveri esiste ancora la possibilità di prevalere» su Prodi.
Quanto poi alle imprese, «penalizzate nelle esportazioni dall’euro e da concorrenti stranieri, come Cina e India, con minori costi di produzione e che non rispettano le regole» la risposta per agevolarle il premier la chiede alla Ue e alla Banca europea, «che non deve preoccuparsi solo dell’inflazione, pericolo ormai superato, ma sostenere le nostre produzioni. Occorre meno burocrazia affinché l’Unione europea dia qualcosa in più anziché toglierla». Infine, è laconico sulla Finanziaria: «Non cambia nulla», nonostante l’intervento della Consulta. Quanto poi alla devoluzione, una certezza: «Passerà oggi».


L’ultima dichiarazione, dopo un baciamani ricevuto (anziché dato) da una bella standista e prima del pranzo con Roth e Guidi a base di penne con code di gambero e tagliata di vitello, Berlusconi la fa su Luciano Moggi. Arriverà al Milan? «È una notizia senza fondamento». Pure questa.

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