«La mia musica, tormento operoso che mi fa vivere»

«Milano? È una città che amo, ho tanti amici, ci sto bene. Ma purtroppo il mio è un rapporto mordi e fuggi». Ennio Morricone, romano classe 1928, ha una inclinazione affettuosa evidente per la Madunina. Lo dimostra - soprattutto negli ultimi anni - la sua presenza, in occasione di concerti straordinari, sia per le circostanze sia per i contenuti. La stessa cosa accadrà questa sera al Teatro degli Arcimboldi (ore 21), dove il maestro dirigerà l’Orchestra Roma Sinfonietta nell’esecuzione delle principali colonne sonore da lui composte per i film del regista Giuseppe Tornatore, insignito proprio oggi della laurea honoris causa dello Iulm. Un nuovo unicum, promosso dall’ateneo a favore del Fai (Fondo Ambiente Italiano), per la manutenzione della milanesissima Villa Necchi Campiglio.
Maestro, ormai lei è protagonista di eventi normalmente straordinari...
«Beh, il concerto di stasera lo è veramente. Si tratta di una “prima” delle musiche dei film di Tornatore, eseguite in ordine cronologico, senza interruzioni, concertate in una suite di grande respiro. Per questo chiederò al pubblico di non interrompere l’esecuzione con gli applausi, sino alla fine».
Dal Federale di Salce del 1961 a Baarìa di Tornatore: cinquant’anni trascorsi a scrivere anche musiche da film. Cosa è cambiato?
«Difficile dire. Certamente la costante è la volontà di far bene e meglio. Perché queste composizioni sono sempre frutto di un tormento operoso di chi fa questo lavoro: una carriera di passione totale. E un regista sensibile come Tornatore al lavoro del compositore, esterno rispetto al film, ti aiuta molto, ti fa sentire parte integrante dell’opera, consentendoti di rendere al meglio l’elemento musicale. E quindi, per lo spettatore, di renderlo identificabile, comprensibile, e farlo proprio»
Ma c’è un motivo che ama di più?
«Difficile rispondere. Diciamo che il più riconoscibile - cosa che mi fa un po’ sorridere - è il canto del coyote ne Il buono, il brutto, il cattivo: è il tema più sintetico che abbia mai scritto»
A proposito, chi era Sergio Leone?
«Un grande regista. E un grande amico».
Lei, oltre che di musica «applicata», è compositore di musica «assoluta». Come vede la situazione in Italia per la professione di musicista?
«La vedo male. La musica è un patrimonio che ha bisogno dell’aiuto pubblico, non c’è niente da fare. Lo Stato, invece, toglie i soldi alla musica, soprattutto alle piccole istituzioni sul territorio che, senza aiuti, muoiono e, con loro, la musica. Ci sono buone scuole, buoni professionisti, che si trovano poi sostanzialmente abbandonati. L’Italia non è il Paese della musica».


Dalla vetta conquistata dei suoi «80», guarda in basso o in alto?
«No, non penso al passato; penso al futuro. A lavorare meglio, cercare nuove idee, non ripetere cose che ho già fatto».
E il futuro di cosa parla?
«Il 2010 di progetti per alcuni film. Ma vedremo. Domani, intanto, riparto per Roma».

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