Nell'emergenza coronavirus che sta paralizzando in queste settimane gli ospedali, il fabbisogno di sangue è un'emergenza parallela che coinvolge non solo i sanitari e i pazienti ricoverati, ma tutta la popolazione dei degenti per altre patologie. Il Policlinico di Milano, che su questo versante rappresenta un'eccellenza nazionale grazie ad un'Associazione di quasi trentamila donatori fondata negli anni Settanta dal professor Girolamo Sirchia, nei primi giorni di marzo ha seriamente vacillato. «Allo scoppiare dell'emergenza lombarda, l'afflusso medio di donatori che in genere supera le cento unità giornaliere, era bruscamente crollato a 35, cioè meno della metà» dice il dottor Daniele Prati, direttore del Dipartimento di Medicina Trasfusionale dell'ospedale. I motivi sono facilmente comprensibili: la paura del contagio, la confusione generale sui reali rischi negli spostamenti, lo tsunami che si è riversato negli ospedali italiani, con il Policlinico di Milano fin dall'inizio in prima linea. «Grazie al cielo l'Associazione Amici del Policlinico (tra cui spiccano i mille associati filippini del Filipino Blood Donors of Milan ndr.) è un'organizzazione consolidata che conta aderenti molto attivi e l'appello lanciato negli ultimi giorni, anche quello partito dalla Protezione Civile, ha sortito i suoi effetti - spiega -: i nostri donatori sono tornati, rassicurati dalle ampie misure di sicurezza che il nostro ospedale garantisce».
Il padiglione Marangoni dove avvengono le donazioni è infatti totalmente decentrato rispetto alle aree di Pronto soccorso e, tanto i donatori quanto il personale sanitario addetto, operano in condizioni protette. Il dottor Prati non nasconde però le difficoltà di una situazione che, anche lontano da congiunture eclatanti come questa, è soggetta a picchi periodici che possono avere come conseguenza il dilazionamento degli interventi chirurgici.
«Purtroppo non esiste ancora un'adeguata cultura nella popolazione sull'importanza delle donazioni di sangue dice il professor Girolamo Sirchia, ex ministro della Sanità e presidente dell'Associazione Amici del Policlinico . Trentamila donatori in una città come Milano sono pochi se consideriamo che il Policlinico approvvigiona una decina di ospedali dell'area metropolitana, come il Monzino, il Gaetano Pini e lo Ieo». E il problema delle carenze periodiche e delle grandi emergenze può rischiare di mandare in tilt il sistema dell'assistenza sanitaria. «A parte la massa di pazienti affetti da Covid-19 attualmente in rianimazione riprende Prati - di trasfusioni hanno un bisogno vitale i pazienti oncologici, soprattutto i leucemici, chi soffre di altre malattie ematologiche come l'emofilia, i soggetti colpiti da emorragie massive, o coloro che devono essere a operazioni importanti, come gli interventi di cardiochirurgia. Il sangue che otteniamo dalle donazioni viene scomposto e il fabbisogno più urgente riguarda soprattutto i pazienti che hanno carenze di piastrine perché, a differenza dei globuli rossi e del plasma, hanno una vita massima di cinque giorni e non possono essere congelate».
Le carenze si verificano soprattutto nei periodi delle vacanze estive, delle ferie natalizie e durante le epidemie di influenza. «É proprio in quei periodi che si palesa il rischio di posticipare gli interventi chirurgici per carenza di plasma dice Prati . Basterebbe incentivare le donazioni soprattutto nei giovani e chiedere di programmarle su appuntamento con il nostro Centro Trasfusionale».
Per promuovere un gesto che può salvare delle vite, l'Associazione presieduta dal professor Sirchia ha intanto avviato un programma di prevenzione primaria delle dislipidemie e malattie cardiovascolari rivolta ai donatori che possono usufruire gratuitamente degli ambulatori altamente specializzati del Policlinico. «Il nostro messaggio dice Sirchia è che donare sangue periodicamente fa bene al prossimo ma conviene anche alla propria salute».
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