Che tristezza il Giro d'Italia senza Milano

Che tristezza il Giro d'Italia senza Milano

Storie che vanno e che vengono. Ieri nella prestigiosa sala dell'Orologio di Palazzo Marino il sindaco Beppe Sala ha presentato la Mille Miglia, un pezzo di storia del nostro Paese che viaggia su quattro ruote. Cominciò tutto qui negli Anni Venti per l'intuizione di quattro amici che si ritrovavano al Biffi in Galleria e dopo 70 anni Milano è di nuovo pronta ad accogliere il mito della Freccia Rossa.

Ma per un pezzo di storia che torna ce n'è un altro che se ne va. Ieri da Gerusalemme è partito il Giro d'Italia numero 101. Quest'anno il finale sarà a Roma e la tappa più vicina alla città sarà quella di Abbiategrasso che, con tutto il rispetto per Abbiategrasso, è un'altra cosa. Il Giro «tradisce» Milano nonostante le promesse. Nonostante l'anno scorso la cronometro finale dall'Autodromo di Monza al Duomo avesse stregato la città, gli appassionati che ebbero l'opportunità di correre prima dei professionisti, il Comune e la Regione. Furono due Sala (il sindaco Beppe e il vicepresidente della Regione Fabrizio) ad annunciare che quella del Giro e della tappa finale in città doveva essere una sfida da ripetere negli anni a venire e diventare tradizione. Ma una cosa è l'emozione, altre le logiche che regolano il business e che quindi indirizzano le scelte.

Così il Giro ancora una volta «tradisce» la città dove è nato e dove è quasi sempre arrivato. E fa un po' tristezza. Soprattutto se ci si guarda attorno. Se si pensa che Milano vale Parigi e che i francesi per nessuna ragione al mondo rinuncerebbero alla volata finale sui Campi Elisi.

Tradizioni inviolabili che fanno di un evento un grande evento come l'arrivo nel velodromo di Roubaix, il duca e la duchessa di Kent a Wimbledon, il doppio inno per le due Irlande che però nel Sei nazioni di rugby (solo lì) sono un'unica squadra. E si potrebbe continuare. Anche con Milano tappa finale del Giro. Sempre. Quasi sempre...

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