Ieri è rimasto aperto in funzione simbolica, senza preparare pietanze. Da oggi però aprirà a pranzo e a cena per i clienti, mostratisi tutti «entusiasti» davanti alla sua decisione rivoluzionaria. «Finché non arriva l'esercito» dichiara perentorio Stefano Marazzato, 57 anni, da sei titolare del notissimo ristorante Don Lisander di via Manzoni. «E se arriva la multa?», gli abbiamo chiesto ieri, giornata di #Io Apro, manifestazione di protesta di ristoratori e bar che si erano detti decisi ad alzare comunque le saracinesche nonostante le chiusure previste dalle norme anti-Covid 19. «Ho pronto un pool di avvocati costituzionalisti, patrocinanti in Cassazione che hanno elaborato un documento da allegare al verbale della multa, qualora ne ricevessi una, sull'incostituzionalità di certi atti - ha risposto - Non è un atto eversivo, il diritto alla salute non è secondario a quello al lavoro. Senza contare che senza reddito si perde anche il diritto all'assistenza sanitaria. E poi cosa mi risponde se le dico che all'Autogrill di Lainate, l'altra sera, c'era il tutto esaurito o giù di lì, con gente ammassata e seduta dove capita, perlopiù senza mascherina?».
Eppure il bilancio complessivo mostra una Milano che fa un passo indietro dopo una partenza «lancia in resta» per quella che, con l'#Io Apro doveva essere una «disobbedienza gentile» ma risoluta (e soprattutto con migliaia di adesioni) ai vincoli del Dpcm, a prescindere dal colore delle regioni, non rispettando la chiusura delle 18 ma facendo mangiare i clienti, seduti ai tavoli e distanziati, almeno fino alle 21,45. La questura, forte anche delle distanze prese dalla protesta da Confcommercio, rileva molte azioni di protesta parziale, al punto da limitarsi ad azioni di monitoraggio e non certo a spedizioni punitive (il bilancio delle sanzioni sarà però comunicato oggi).
«Da tre giorni per protesta facciamo quello che io definisco un delivery spinto, cioè un'azione dimostrativa più incisiva anche se per l'asporto, appunto, siamo sempre rimasti aperti» ha spiegato ieri Ciro Conte, 42 anni, contitolare del ristorante La Peppa, in piazza Minniti, a proposito della sua personalissima adesione a #Io Apro. E precisa: «Se qui all'Isola avessimo aderito tutti in massa, con gli affitti e le spese che ci tocca pagare, sarebbe stato grandioso. Ma così... Non siamo tutelati. E poi per continuare a lavorare io ho già ipotecato la casa».
Gli fa eco in maniera molto pacata il «vicino» Francesco Ferini, 44 anni, titolare del ristorante nippo messicano Japonito Isola District di piazzale Segrino. «Come forma di protesta prepariamo vivande solo per il personale, in questo senso la nostra è un'apertura simbolica anche se nessuno si siede per mangiare».
Sbalorditivo il racconto del titolare di cinque storici e notissimi ristoranti del centro che non ha aderito alla protesta e chiede l'anonimato.
«I clienti si offrono di pagarmi la multa di tasca loro pur di venire a mangiare! E con la storia dell'amicizia mi mettono in difficoltà: non capiscono perché non li facciamo cenare qui, seduti, telefonano convinti di poter prenotare perché vedono i bar aperti! È pazzesco che la gente non sappia».
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