Dalle case dei vip al ghetto. Due mondi divisi da un tram

I binari del 16 sono un muro invalicabile che separa. Da una parte le ville del lusso, dall'altra la banlieue

Dalle case dei vip al ghetto. Due mondi divisi da un tram

La sassaiola in piazza Selinunte ad aprile, contro la polizia intervenuta per disperdere un assembramento durante le riprese del video di Neima Ezza, l'aggressione a madre e figlia in via Tracia a maggio, la sparatoria dell'8 gennaio in piazza Monte Falterona. Infine lunedì l'inseguimento di un suv con a bordo 5 ragazzi italiani, che non si sono fermati all'alt per un controllo, terminato con il lancio di una mitragliatrice Uzi dal finestrino.


Benvenuti a San Siro, zona periferica a ovest della città profondamente lacerata da un muro invisibile ma invalicabile che corre lungo via Monreale, via Stratico, via dei Rospigliosi e via Harar e i binari del tram 16.

Un quartiere spaccato a metà. Due emisferi completamente diversi dove la vita scorre a ritmi e velocità differenti e che non si incontrano mai. Di più: molto attenti a non incrociarsi nemmeno per sbaglio. «Nel mezzo di un quartiere di lusso ed esclusivo, si nasconde il ghetto di San Siro, con i suoi 12mila abitanti, di cui quasi la metà stranieri. San Siro rappresenta una realtà attraversata da profonde lacerazioni umane e da una struttura sociale seriamente compromessa, sfilacciata e ormai eccessivamente frammentata da crescenti fenomeni di povertà e degrado» scrivono Gianpaolo Nuvolati e Alessandra Terenzi, docenti di Sociologia e Ricerca Sociale della Bicocca nella ricerca sulla «Qualità della vita nel quartiere di edilizia popolare a San Siro». «Sono molti gli abitanti che associano il loro quartiere ad una dimensione di frontiera: un confine netto e tangibile, sia fisico che sociale, tra il lato dei ricchi e il lato dei poveri».

A nord troviamo la San Siro chic, quartiere verdissimo costellato da villette. Qui abitano Linus, Finardi, Salvatores, giocatori di Milan e Inter e qui si concentrano le attrattive del quartiere: l'Ippodromo, il parco di Trenno, lo stadio, che in 5 anni lascerà il posto alla «Cattedrale» con il distretto per lo sport e il tempo libero e un parco di 50mila metri. La Montagnetta, il centro sportivo xxv Aprile, sul confine il Lido e l'Allianz Cloud. Sarà a breve riqualificato il gioiello liberty delle Scuderie de Montel che diventeranno un centro termale. Anche le scuole sono «quelle buone»: il liceo privato francese Stendhal e lo scientifico Vittorio Veneto. Il quartiere è fornito di tutto, dai servizi ai supermercati: non c'è alcun «motivo» per i suoi residenti di andare «dall'altra parte» nemmeno per uscire dalla città, grazie allo svincolo autostradale a pochi metri.

A sud il quadrilatero delle case popolari degli anni Cinquanta, che ruota intorno a piazzale Selinunte, mai riqualificate, decadenti e costellate dalla lastre di piombo, sigillo della piaga delle occupazioni abusive. Il degrado raggiunge livelli molto più gravi all'interno: alloggi di dimensioni troppo ridotte sovraffollati e mancanza di manutenzione. «L'insieme di questi fattori provoca sentimenti diffusi di pessimismo, incertezza e delusione tra gli abitanti, abbandonati da un sistema istituzionale che percepiscono come inesistente» si legge nella ricerca.

Quasi la metà degli inquilini Aler appartiene alla «Fascia di Protezione» con reddito medio annuo di 7mila euro, di cui il 37 per cento rientra nella classe di povertà assoluta. Etnie diverse si spartiscono porzioni di piazze fianco a fianco con malati psichici, eredità delle prime assegnazioni. Sporcizia, camper di nomadi lungo le strade, non è raro incontrare donne nascoste dai burqa. Il radicalismo religioso è dietro l'angolo: qui il colonnello dell'Isis Moez Fezzani gestiva «la logistica dei mujaheddin» provenienti dall'Italia accogliendoli nella Casa dei fratelli tunisini di via Paravia 84, mentre in una traversa abitava Mohamed Game, il libico che nel 2009 si fece esplodere davanti alla caserma Perrucchetti.

E non a caso qui si trova la scuola Radice nota per il 95 per cento di studenti stranieri. L'altro San Siro è vissuto come una «macchia» dagli stessi abitanti e come un minaccia dai vicini di casa, anche per i recentissimi episodi di criminalità.

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