Delpini: "Io a disagio se cardinale"

Polemiche smorzate dopo le sue parole per la porpora di Cantoni

Delpini: "Io a disagio se cardinale"

Dopo il tempo dell'ironia, quello della retromarcia ossequiosa. «Io non desidero diventare cardinale, non mi sentirei proprio a mio agio» ha detto ieri l'arcivescovo Mario Delpini durante l'omelia della messa pontificale celebrata in Duomo per aprire ufficialmente l'anno pastorale della Diocesi ambrosiana. Un ritorno sulle polemiche seguite alle parole da lui stesso pronunciate durante il saluto rivolto la scorsa settimana al neo cardinale Oscar Cantoni, vescovo di Como. L'arcivescovo, come rende noto la Diocesi di Milano, dopo avere sottolineato che,«volendo essere un po' spiritoso nel salutare un caro amico, non sono stato capito nelle mie reali intenzioni», ha cercato di, diciamo così, contestualizzare il suo pensiero.

«Sono anzitutto contento per la nomina di Oscar; ho molta stima di lui, lo conosco da tempo e penso possa dare buoni consigli al Papa. In secondo luogo, vorrei dire che io non desidero diventare cardinale, non mi sentirei proprio a mio agio. La Chiesa di Milano, però, non deve sentirsi diminuita nel suo prestigio e nella sua bellezza se il vescovo, o almeno questo vescovo, non è cardinale». Una precisazione dopo che in molti avevano interpretato la sua uscita come una polemica diretta a Papa Francesco per l'ennesima fumata nera alla concessione della porpora all'arcivescovo della diocesi più grande e di certo anche una delle più importanti al mondo. «E l'ultima cosa che voglio dire - ha concluso ieri Delpini nell'intento di porre fine a chiacchiere e polemiche - è che io sono del tutto d'accordo con il Papa che non procede per inerzia nella scelta dei cardinali, ma prende decisioni con criteri che lui ritiene opportuni».

Certo di tutt'altro tono era stata l'affermazione che tre sono le cose «che neanche il Padre Eterno sa: una è quante siano le congregazioni delle suore, l'altra è quanti soldi abbiano non so quale comunità di religiosi e l'altra è cosa pensino i gesuiti». E visto che Bergoglio è gesuita, il bersaglio era piuttosto chiaro.

Cosi come non era equivocabile l'aver detto che « il Santo Padre avrà pensato: Quei bauscia di Milano non sanno neanche dov'è Roma, quindi è meglio che non li coinvolga troppo nelle cose del governo della Chiesa universale»

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