Andrea Radic
È la nutrizionista degli italiani, consacrata da diciotto anni alla «Prova del cuoco» per dare consigli utili a nutrirsi in modo sano. Il suo ultimo libro, «La dieta del 5. Ritrova la linea in cinque settimane» è già un successo e il prossimo lo sta scrivendo. «Cinque giorni di regole e due liberi, perché stare a dieta non vuol dire soffrire a tutti i costi». Lei è Evelina Flachi, un ruolo importante anche durante Expo 2015 di cui era membro del comitato scientifico.
Professoressa Flachi, oggi è anche presidente della fondazione italiana per l'educazione alimentare «foodedu.it»?
«Lavoriamo per creare rapporti tra le istituzioni e il settore agroalimentare, per spingere gli uni a creare sinergie e i secondi a porre sempre maggior attenzione alla salute. È scientificamente dimostrato che la sana alimentazione può avere un ruolo preventivo verso i più comuni problemi di salute come obesità, sovrappeso e le conseguenti patologie».
Milano è diventata la nuova capitale del food?
«Sicuramente dopo Expo, cui ho partecipato attivamente, l'interesse per l'alimentazione è diventato un punto di partenza della crescita della città. Abbiamo prodotto le linee guida sull'educazione alimentare inserite nella Carta di Milano consegnata poi a Ban Ki Moon, allora segretario generale dell'Onu, durante la manifestazione. Un'esperienza faticosa, ma meravigliosa».
E oggi, a quasi quattro anni da Expo?
«Milano lancia la sfida alla valorizzazione delle eccellenze agroalimentari, con importanti contributi scientifici sulla nutrizione e sulla produzione di qualità lungo tutta la filiera, fino alle ricette della tradizione. Abbiamo fatto capire al grande pubblico nazionale e internazionale il valore degli alimenti, dobbiamo continuare così».
Oggi come ci si nutre?
«Penso che, anche grazie al lavoro dei giornalisti, le informazioni siano più corrette e la promozione dei prodotti italiani e della dieta mediterranea più efficaci. Anche l'attenzione del consumatore è aumentata, basta andare al supermercato e si vedono le persone leggere con attenzione le etichette e chiedere al fruttivendolo da dove proviene la frutta. Atteggiamenti più consapevoli anche grazie al lavoro dei ministeri della Salute e delle Politiche agricole che hanno promosso l'educazione alimentare nelle scuole».
Ci racconta la sua Milano gastronomica?
«Sono spesso invitata a cena e ne sono felice, perché posso provare esperienze alimentari sempre diverse. Mi piace la cucina tradizionale, da non perdere mai, anche se apprezzo l'estro e il coraggio degli chef che propongono piatti personalizzati. A Milano si mangia benissimo».
I suoi indirizzi?
«Filippo La Mantia, un amico. Cucina tradizionale, ma leggera; una cucina siciliana milanesizzata. Davide Oldani, altro amico che amo frequentare. Poi cito un ristorante che si chiama Piazza Repubblica dove giovani chef preparano con originalità. Seguo anche le nuove aperture o i grandi classici come il Baretto, Milano presenta una bella varietà di ambienti dove la serata è divertente».
Il suo rapporto con il cibo?
«Sono del segno della Bilancia e nella mia attività di nutrizionista riesco a far gustare il cibo anche a chi è a dieta. Perché essere a dieta non vuole necessariamente dire privarsi del gusto della buona tavola. Da quarant'anni nelle mie diete concedo una pizza alla settimana, una forma di gratificazione che tutti amiamo avere, magari scegliendola più leggera. E concedo anche un pasto libero a settimana. Le scelte estreme non fanno dimagrire».
A tavola o ai fornelli?
«Ai fornelli. E mi piace molto: mi cimento, predico bene e cerco di razzolare allo stesso modo. Come faccio in televisione ricostruisco le ricette della tradizione alleggerite, li chiamo trucchi Flachi».
È vero che c'è perfino un trucco Flachi per la cassoeula leggera?
«Certo: cotture separate dei diversi ingredienti per sgrassare al massimo. Le costine nella pentola coperta antiaderente e le verdure con un cucchiaio di olio scarso. Si assembla il tutto solo alla fine e si evitano i grassi. Per avere un'alimentazione sana, basta volerlo».
Il profumo dell'infanzia?
«Lo sformato di mia mamma Lelia, con la pasta brisé fatta in casa: un profumo che non si sente più. Era molto brava in cucina, mi ha lasciato tanti ricordi delle sue ricette, utilissimi per saper cucinare bene, insieme a qualche trucco da chef».
Il Natale a casa Flachi?
«Albero fatto, amo il Natale che mantiene la tradizione, a partire dalla tavola ben apparecchiata, un ricordo della mia famiglia che porto avanti volentieri. Il menù è sempre quello della tradizione: pesce alla vigilia e a Natale ravioli in brodo e tacchino che non deve mani mancare. Come antipasti il vitello tonnato e i cardi al forno, piatto della tradizione familiare, che fanno anche molto bene».
Una cena o pranzo che non dimenticherà
«Il novantesimo compleanno di mia mamma, ci siamo riuniti tutti: sorelle, nipoti, una giornata bellissima. Momenti così fanno partire energie positive che portano bene. Poi mi ritengo una persona fortunata, ho passato tante belle serate, una tavola semplice ma con le persone che amiamo e gli amici è un momento stupendo. L'amicizia e l'amore sono lo spirito della vita. E a tavola ritrovi queste energie».
Il luogo del cuore?
«Positano, una volta all'anno con mio marito Nico. Mi piace moltissimo l'atmosfera, la semplicità, la schiettezza delle persone».
La cena romantica è un'arma vincente?
«Sicuramente sì, una dimostrazione d'amore.
Sia cucinare in casa per far star bene l'altro, sia scegliere un ristorante sono atti d'amore. Fin da bambini il momento della tavola non è solo empirico, ma un'occasione per arricchirsi d'affetto. È un momento familiare da curare e difendere».
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