Lo spaccio, l'abusivismo e molto, molto altro ancora. Che il Corvetto sia un'area a sud est di Milano ad alto tasso di pericolosità non sono solo i reati in senso stretto a dirlo, ma anche esternazioni e gesti estemporanei di alcuni dei suoi abitanti. Visto da fuori il quartiere infatti è come un libro appena fatto rilegare, ma non basta una copertina che scorre liscia sotto le dita a nascondere le storture di pagine ingiallite e smozzicate da una vita. Basti pensare a quanto accaduto domenica in via dei Panigarola e trapelato solo ieri dalla Procura. Un pregiudicato italiano 42enne, poi fermato dalla polizia per tentato omicidio nelle indagini coordinate dal pm di Milano Marina Petruzzella, ha preso a sprangate in testa un uomo di 33 anni, poi sottoposto a un delicato intervento chirurgico in stato di coma farmacologico. L'uomo, che è stato arrestato lunedì, nato a Vimercate e in questo periodo agli arresti domiciliari per altri fatti, domenica, non lontano da dove abita, ha preso «la vittima (un italiano, ndr) alla sprovvista», per futili motivi ancora da chiarire, e l'ha colpito «con qualcosa di simile a una spranga di ferro», come si legge negli atti, in modo violento e «ripetutamente alla testa». Avrebbe sferrato «almeno tre o quattro colpi» e gli ha provocato una serie di gravissime lesioni. Dopo l'intervento chirurgico il 33enne, è stato ricoverato in rianimazione all'ospedale Fatebenefratelli e intubato.
Stamane, davanti al gip Luca Milani, si terrà l'udienza di convalida del fermo per l'uomo, che si trova in carcere a San Vittore, difeso dall'avvocato Sabina Carretta, e che è anche accusato di evasione dai domiciliari.
Quindi ancora il Corvetto. Che non è solo, come dicevamo, piazzale Gabriele Rosa, una delle maggiori aree di spaccio a cielo aperto di Milano e della Lombardia, in grado di soddisfare tutte le esigenze di chi è interessato all'argomento stupefacenti: cocaina, hashish, marijuana e naturalmente, volendo, non mancano nemmeno le droghe sintetiche di ultima generazione.
Qualche mese fa la squadra investigativa del commissariato Mecenate, guidata dal dirigente Angelo Simone, è riuscita in una sorta di impresa. Dopo aver scardinato la «storica» base di spaccio nel palazzo di piazzale Gabriele Rosa 9 - spalmata su tre scale, la A, la F e la D, nonché le cantine e i solai della scala B, poi fatti murare con lastre di metallo per impedire possibili «ritorni» - ha riconsegnato ad Aler due alloggi occupati abusivamente e che fungevano da base logistica per gli spacciatori che li concedevano, con una sorta di modalità di «mutuo soccorso», a chi tra i loro protetti aveva bisogno di un posto dove smerciare la «roba». Favori tra amiconi, insomma.
«Troppe risse e gente delirante nell'androne tra i clienti dei pusher
prima dell'intervento della polizia» spiega Priscilla, 36 anni, operaia e residente al civico 9. Che così, dal suo personalissimo punto di vista, spiega come gli abitanti del quartiere vivano in uno stato di lotta quotidiana.
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