Fallimento Burani, condannati padre e figlio

Nel corso della sua requisitoria, il pubblico ministero Luigi Orsi l'aveva definita una «bancarotta da antologia». Era il crac della maison fondata dalla stilista Mariella Burani, e dichiarata fallita nel 2010. Ieri, a quasi tre anni di distanza, il tribunale ha condannato il 78enne Walter Burani, marito della creatrice del marchio, e il figlio Giovanni a sei anni di reclusione. Walter e Giovanni, rispettivamente ex presidente e amministratore delegato della casa di moda, sono stati inoltre condannati a versare un totale di 13 milioni di euro in favore delle curatele fallimentari delle tre società coinvolte nel crac e di due fondi.
Padre e figlio vennero arrestati il 28 luglio del 2010. Nel processo erano imputati per bancarotta fraudolenta in relazione ai fallimenti di tre società del gruppo (Burani Designer Holding, Mariella Burani Fashion Group e Mariella Burani Family Holding). Per il pm Orsi si è trattato di «tre casi drammatici»: Mbfh era «la scatola vuota che - come ha ricostruito il magistrato nel suo intervento in aula - venne creata solo per essere indebitata e fallì con un passivo di 50 milioni»; Bdh «quotata a Londra per 100 milioni venne utilizzata solo per pompare il titolo di Mbfg e morì con un passivo di oltre 50 milioni»; Mbfg, la società quotata in Italia, infine, «ha battuto tutti i record di frode».
A pesare sulla gravità della bancarotta, secondo il pm, è stata soprattutto la «condotta criminale sistematica, fatta di bilanci costantemente gonfiati con plusvalenze fittizie e del lancio di un'Opa (di Bdh su Mbfg) a tre volte il prezzo che sarebbe stato corretto». In un «triennio infernale», tra il 2007 e il 2010, i vertici del gruppo, Walter e Giovanni, avrebbero messo in piedi, secondo l'accusa, una serie di operazioni finalizzate a «gonfiare il prezzo dei titoli in Borsa, mentre Mbfg era già decotta». In pratica, i Burani «invece di mettere i soldi per fare pantaloni, giacche e borse, li hanno usati per gonfiare i titoli in Borsa, mangiandosi come “cannibali”, le loro società».


Prima della sentenza, Walter Burani ha voluto rilasciare dichiarazioni spontanee per spiegare di non aver «rubato nulla, né per noi né per altri». Inoltre, il tribunale ha abbassato la richiesta di condanna della Procura (nove anni), tenendo probabilmente in considerazione il fatto che i due imputati hanno risarcito oltre 300 piccoli azionisti.

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