I profughi di Milano fuggono dai dittatori che sfileranno a Expo

Diritti umani ed esposizione universale del 2015. Il problema torna per l'Eritrea come per la Cina

I profughi di Milano fuggono dai dittatori che sfileranno a Expo

I profughi che arrivano a Milano sono vittime di feroci dittature o no? Il problema è stato posto di recente a proposito dei migranti eritrei. Da un lato si considerano persone in fuga da una crudele dittatura, dall'altra si stringono accordi commerciali per Expo con i regimi da cui fuggono. E adesso qualcuno ha iniziato a alzare la mano, come si era già tentato di fare nei casi di altri Paesi con cui esistevano dei problemi, come l'India o il Brasile. Anche se in quei casi non si trattava tanto di diritti umani, ma di contrasti diversi, come invece avvenuto con la Cina e il Dalai Lama. Quando nel 2012 il capo religioso e politico del Tibet occupato visitò Milano, gli fu negata la cittadinanza. In quell'occasione i radicali milanesi lanciarono una petizione per porre il tema dei diritti al centro dell'Expo: «Anche in seguito al recente caso scaturito in Consiglio Comunale, che a causa delle pressioni esercitate dal ministero degli Esteri e dal Consolato Cinese a Milano è stato portato a negare la cittadinanza onoraria a sua Santità il Dalai Lama, l'Associazione Enzo Tortora – Radicali Milano lancia una petizione telematica per chiedere pubblicamente alla Regione e al Comune di trasformare l'Expo in un evento che non perda di vista l'importanza dei diritti umani e di tutte le libertà».
Adesso sul tema torna anche Manfredi Palmeri, consigliere comunale di opposizione, a proposito dell'Eritrea: al mattino si fanno affari con un regime e al pomeriggio se ne accolgono le vittime. O si tratta di un Paese con i requisiti minimi di civiltà per partecipare a Expo, o no. Nel primo caso gli eritrei che arrivano non possono essere considerati profughi. Nel secondo l'Eritrea va esclusa dall'esposizione. Questa in sintesi la posizione espressa da Palmeri.

Non a caso ieri l'agenzia Habeshia, che si occupa dei profughi del regime africano, ha pubblicato sul proprio sito un documento dal titolo «L'Eritrea della dittatura o l'Eritrea del popolo: quale sceglie l'Italia?». Segno che il tema è sentito da più parti. E anche per questo Palmeri ha richiesto una convocazione della commissione comunale su Expo per dibattere il caso Eritrea e quelli simili come l'Uganda.

Il tema è delicato come si evince dalla risposta di Ruggero Gabbai, presidente della commissione in quota Pd: «Le leggi omofobe in Uganda sarebbero un incentivo anche per me, ma non credo che una commissione sul tema sia una nostra priorità; senza contare che si rischia di innescare un processo vizioso o virtuoso, a seconda dei punti di vista, che coinvolgerebbe altri Paesi: prima va discusso bene il problema, per poi decidere se sarà il caso di convocare una commissione». Il nome Cina non viene pronunciato, ma è quello a cui corre immediatamente il pensiero. Come dimostra il caso Dalai Lama però, il colosso asiatico è intoccabile.


«Sta esplodendo una contraddizione che non può più essere taciuta» ha sottolineato Palmeri. Ma la ragione di Stato e quelle economiche hanno già dimostrato che si può passare sopra a tutto, anche il tema dei diritti umani e delle libertà individuali.

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