L'ultimo dono di Monti? Un siluro a Formigoni (e lui convoca 600 amici)

Dal governo poteri speciali e commissario unico Assemblea al Marriott. «Restiamo dentro il Pdl»

L'ultimo dono di Monti? Un siluro a Formigoni (e lui convoca 600 amici)

L'ultimo consiglio dei ministri, poche ore prima di scadere come uno yogurt, lo ha costretto a lasciare un incarico a cui teneva parecchio: quello di commissario generale dell'Expo, il responsabile dei rapporti tra l'Italia Paese organizzatore e il resto del mondo. E lui che da sempre tra i suoi sogni ha il ministero degli Esteri, non l'ha presa bene. «Auguri e figli maschi al commissario unico».

Perché Roberto Formigoni se hai confidenza racconta di essere un allievo del divo Giulio (Andreotti) e che quella è una razza che non si dimette mai. E soprattutto che mai resta senza poltrona. Formigoni, infatti, non ha nessuna intenzione di andare in pensione. E nemmeno di appisolarsi su quel seggio da senatore in quel gerontocomio di Palazzo Madama, come testimonia la chiamata a raccolta fatta l'altra sera all'hotel Marriott. Ciellini, formigoniani, fedelissimi, chiamateli come volete, ma erano tutti lì.

E lui, nonostante nel pomeriggio fosse a Roma per il discorso di re Giorgio Napolitano, è arrivato puntualissimo. Di fronte ai suoi occhi che anche uno dei suoi descrive come «increduli», oltre seicento persone. Non passanti, nessuno era lì per caso perché per partecipare oltre ad investire una serata di traffico e pioggia, bisognava comunque pagare i 50 euro della cena. A organizzare i colonnelli della Regione che per ampliare la platea avevano deciso di non mettere il marchio di Rete Italia. C'erano tra gli altri il presidente del consiglio regionale Raffaele Cattaneo, il capogruppo pdl Mauro Parolini, Stefano Carugo, Luca Del Gobbo, Mauro Piazza, Fabrizio Sala, Alessandro Colucci, Stefano Pillitteri e molti candidati sindaci alle amministrative di fine maggio.

Messaggi concilianti dopo che l'ultima campagna elettorale aveva agitato i fantasmi di una scissione, perché adesso la parola d'ordine dei formigoniani è «continuare il nostro percorso politico dentro il Pdl e l'impegno a costruire dentro il partito spazi di azione politica aperta e inclusiva». Parole a lungo applaudite durante l'intervento di Formigoni dal palco. «Ci siamo quasi stupiti - racconta Carugo - che ci sia ancora così tanta gente che ha voglia di fare politica e condividere i valori del Pdl. Abbiamo chiarito che vogliamo stare dentro il Pdl, sei mesi fa si parlava di un partito distrutto, ora ci stiamo riaggregando proprio a partire da iniziative come queste». La cui anima resta Formigoni.

Felice l'altra sera, meno ieri. «Ricordo che le opere in capo alla Regione erano in perfetto orario fino a due mesi fa e anche che il commissario generale, in collaborazione con il Ministero degli Esteri, ha già garantito l'iscrizione di 126 Paesi e l'impegno di Stati Uniti, Unione europea, Città del Vaticano». Poi l'anatema verso il successore ormai designato (sarà l'ad di Expo Giuseppe Sala) anche se l'ufficialità arriverà dal prossimo governo.

Uno, lo provoca, «che presterà gratuitamente la sua opera 24 ore al giorno com'è stato sottolineato più volte. Un gigante nuovo, dunque, che non potrà essere nessuna di quelle figure che già ora dovrebbero lavorare per Expo a tempo pieno».

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