Ci ha pensato Dagospia a sdrammatizzare con uno dei suoi titoli: «Donna velata sempre desiderata». Ma il senso di avvilimento resta, eccome. A leggere il «regolamento» di partecipazione a quello che è stato pomposamente annunciato come «il primo concorso europeo dei musulmani riservato a donne velate», si viene infatti pervasi da una grande tristezza. Recita il bando della serata: «Saranno valutate le caratteristiche di vestibilità del velo, dell'intero abito e della modestia nell'indossarlo».
Attenzione alle parole, c'è scritto proprio così: «modestia»; termine che, secondo il vocabolario italiano (ma, probabilmente, pure per il dizionario arabo) è sinonimo di «Coscienza del limite delle proprie possibilità... limitatezza... mediocrità». E qui si pone una domanda: è solo un'infelice svista lessicale degli organizzatori dello spettacolo «Regina con il hijab» o un inquietante lapsus freudiano di origine «culturale»? Nell'elezione della miss (in programma ieri sera nella discoteca «Almas» di Cinisello Balsamo) la giuria ha considerato l'«aspetto islamico» delle candidate in passerella.
«Il progetto - garantisce Assia Belhadj, factotum della sfilata, nonché presidente del Movimento delle donne musulmane d'Italia - intende sostenere le ragazze velate a causa delle grandi sfide che stanno affrontando nelle società europee. La partecipazione è riservata alle ragazze di seconda generazione, con età compresa tra i 14 (forse un po' pochi... ndr) e i 25 anni, nate e cresciute in Italia. Al termine cena tipica. Evento trasmesso in diretta anche su Youtube», una manifestazione «inclusiva» che però ha suscitato non poche critiche all'interno della stessa comunità musulmana, dove in molti hanno bollato lo «show» come una «vergogna in stile-occidentale, estraneo alle nostre tradizioni».
Il «concorso di bellezza» è l'approccio giusto per affrontare un tema delicato come la condizione femminile nel mondo islamico? Dibattito e polemiche si rincorrono. Di certo è un dato acquisito che la donna viva nei Paesi arabi una situazione di generalizzata subalternità che, in alcune realtà particolarmente radicalizzate e integraliste, assume i connotati della discriminazione se non addirittura dell'oppressione. È su questo fronte che le donne devono continuare a combattere, così come fanno da sempre ottenendo negli ultimi anni anche importanti successi sul piano dell'emancipazione femminile, pur in un contesto di prevaricazione sociale. Un percorso lungo e lento. Ma profondamente serio. L'esatto opposto di iniziative come l'incoronazione di «Miss velata», buone più che altro per farsi un po' di propaganda.
Ma siamo sicuri che non è questo il caso di Assia Belhadj, l'ideatrice italo-algerina di «Regina con il hijab»: una attivista dei diritti delle donne musulmane che (dopo aver ottenuto scarsi risultati in politica e dopo aver visto archiviare una sua denuncia per una presunta «campagna di odio» contro di lei) non ha certo bisogno di pubblicità a buon mercato.Comunque domani, da queste stesse colonne, vi sveleremo il nome (e il volto) della regina eletta ieri sera. Sperando che la neo-regina, il suo hijab, lo indossi non con «modestia». Ma con orgoglio.
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