"Non tutto è movida. Perderemmo di meno se rimanessimo chiusi"

Il ceo di "Panino Giusto" e portavoce di Ubri "Un tavolo col governo su proposte concrete"

"Non tutto è movida. Perderemmo di meno se rimanessimo chiusi"

Antonio Civita, ceo di «Panino Giusto» e vicepresidente dell'Unione brand ristorazione italiana (Ubri) che raccoglie oltre 30 imprese con più di 500 locali complessivi e 4.500 dipendenti.

Come si affronta un altro coprifuoco?

«Sette o otto mesi fa venivamo da un buon 2019, avevamo l'energia psicologica ed economica per affrontare le misure assunte nella prima fase della pandemia. Rivivere un'esperienza così forte una seconda volta, con aziende che rispetto ad allora si sono indebolite, crea una situazione di maggiore tensione, siamo estremamente nervosi, abbiamo paura che andrà a finire come l'altra volta: si inizia con una mini stretta e si torna al lockdown. Lo Stato non deve pensare che tanto l'avete già fatto..».

C'erano segnali di ripresa?

«Da settembre stavamo riprendendo un percorso positivo, non al pari degli anni precedenti ma incoraggiante. Da venerdì scorso quando si è ripreso a parlare di coprifuoco i fatturati sono ripiombati a un livello insostenibile. Con le nuove regole da lunedì, perderemmo meno soldi se rimanessimo chiusi».

«Panino Giusto» è un'istituzione a Milano dal 1979. Ha stimato le perdite per la catena da inizio anno?

«Siamo già sotto la metà del fatturato 2019, da 25 milioni a 12, e considerando quello che ci aspetta nei mesi a venire rischiamo di scendere a un terzo».

Con Ubri (che conta tra i vari brand Panini Durini, Pandenus, Bomaki. Jazz cafè, I love Poke) avete stilato una proposta al governo in 4 punti, si parte dalla precisazione che non tutta la ristorazione è «movida» che crea assembramenti.

Anche le misure andrebbero calibrate?

«Non si deve fare di tutta l'erba un fascio, ci sono diverse realtà della ristorazione. Le nostre si sono imposte una serie di regole di sicurezza extra, un doppio team di lavoro, abbiamo implementato le app, proponiamo la formula della prenotazione obbligatoria al ristorante. Chiediamo al governo un confronto sereno e argomentato nel breve periodo, in questo momento serve sangue freddo e agire in maniera giusta, o dove arriveremo?».

Sul tema delivery chiedere allo Stato di fissare come in altre metropoli del mondo un tetto alle commissioni fino a fine pandemia.

Dovrebbe «calmierare» i grandi gruppi delle consegne?

«Non c'è un'attività della ristorazione che oggi abbia profitto dal delivery, bisogna trovare il modo per renderlo un sistema sostenibile per le imprese».

Secondo un questionario sottoposto ai brand dell'associazione il 44,4% delle imprese ha criticato i tempi dell'erogazione della cassa integrazione nella prima fase dell'emergenza.

«E ora c'è bisogno

che il governo metta subito in sicurezza, e in tempi rapidi, i dipendenti, perchè hanno famiglie, mutui da pagare e sono anche consumatori. Se iniziano a perdere potere di acquisto e serenità tutto diventa più complesso».

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