No alla «segregazione scolastica». Il Municipio 6 guidato da Santo Minniti (Pd) ha appena adottato una delibera che si pone un obiettivo molto ambizioso: incoraggiare l'«eterogeneità» etnica e sociale delle scuole. Ma per il centrodestra, critico, si tratta di un approccio ideologico, inefficace, e comunque a dir poco tardivo.
Da anni nelle periferie di Milano si riscontra il problema delle cosiddette «classi-ghetto», in cui si concentra un gran numero di alunni stranieri, con evidenti ripercussioni sul piano didattico, e non solo. E ora il Municipio del Giambellino e del Lorenteggio, ma anche di Porta Genova, ha deciso di intervenire, ponendosi il problema del giusto «mix», che eviti «la nascita di plessi a prevalenza italofona o non italofona». Minniti ha preso il toro per le corna e con un lavoro paziente - e una decina di incontri con i dirigenti scolastici - ha messo a punto un «patto contro la segregazione».
Le premesse da cui parte la delibera sono due: la prima è che il 30% di alunni stranieri sia la soglia entro la quale a scuola i problemi sono gestibili bene, la seconda premessa è che nel territorio della zona non esistono quartieri in cui tale presenza superi il 30%. Il Municipio, dunque, ha individuato il vero problema nel fenomeno che chiama «white flight» e cioè - si legge - nella «scelta delle famiglie di evitare le scuole periferiche privilegiando quelle più centrali della città». Ecco l'obiettivo di Minniti: «intraprendere azioni per ridurre la tendenza alla fuga verso altre scuole degli alunni presenti nei bacini di utenza delle scuole di periferia». Come? Con una serie di azioni non vincolanti, che non toccano la libertà di scelta delle famiglie e preservano il principio di territorialità.
Per la Zona 6, insomma, le scuole possono (devono) continuare a far riferimento ai bacini di utenza, magari rivisti. «Nelle scuole vogliamo un mix che assomigli di più al mix sociale dei quartieri - spiega il presidente - abbiamo avviato un lavoro sui bacini di utenza, distribuendo un po' meglio certe situazioni, e abbiamo fatto un lavoro per togliere lo stigma immeritato da certi istituti, facendo raccontare a ex alunni con percorsi di eccellenza la loro esperienza». Il resto sarà demandato ai dirigenti, indotti a «rinunciare a un pezzettino di autonomia» per mettere in comune agende e finalità.
La delibera non piace al centrodestra. «Siamo al paradosso. Prima realizzano quartieri ghetto e poi si lamentano del fatto che molte famiglie decidono di non andare nelle scuole del proprio bacino» dice il consigliere comunale Fdi Riccardo De Corato, sottolineando come il tutto arrivi «in piena campagna Black Lives Matter». «Nessun cenno - spiega - ai veri problemi di molte scuole a concentrazione straniera, ovvero la lentezza dei programmi, visto che molti alunni non sanno l'italiano». «È vero che esiste un problema in molte scuole della periferia - aggiunge - ma non è questo il modo ideologico di affrontarlo». «Contestano - dice - anche la liberalizzazione della scelta della scuola, a parer loro una iattura. Siamo arrivati alla composizione socio-economico-culturale per delibera, persino premiata con l'assegnazione di maggiori fondi di diritto allo studio». «Pensano solo a puntare il dito contro, come la chiamano loro, la fuga dei bianchi White Fligt» attacca.
«Da un Municipio ideologico come quello 6 non poteva altro che essere partorita una delibera del genere - dice Massimo Girtanner, ex presidente della Zona - Dopo la proposta dei servizi chimici volanti per le carovane nomadi, ora siamo a classi formate per colore della pelle, reddito delle famiglie e magari anche fedina penale.
Ma se una delibera del genere l'avesse proposta il centrodestra cosa avrebbero detto? Quando ricoprivo la carica di presidente di Consiglio di Zona 6 proposi corsi ad hoc di italiano per gli alunni stranieri, magari durante i pomeriggi scolastici, ma venni subito tacciato di razzismo e oggi siamo alla delibera che vuole disegnare i bacini di utenza».
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