Pisapia molla un altro schiaffo a D&G

Per difendere l'assessore, Palazzo Marino attacca ancora Dolce e Gabbana. E lo scontro arriva in Consiglio

Pisapia molla un altro schiaffo a D&G

Lo schiaffone del sindaco Pisapia e la carezza dell'assessore Carmela Rozza. C'è grande confusione sotto il cielo di Palazzo Marino. Ma non si può proprio dire, con il Grande Timoniere Mao Tse Tung, che la situazione sia eccellente. Perché sarà anche banale immaginare la giunta che amministra una città come un'orchestra in cui i musicisti siano gli assessori e il direttore un sindaco che deve ricavare, seppur da voci dissonanti, un'armonia finale. Banale, ma è così. E questi sono tempi di grandi stecche e stonature per un Comune sull'orlo di una crisi di nervi.

Clamorosa l'ennesima uscita dell'assessore Franco D'Alfonso, lo stesso che voleva proibire i gelati dopo mezzanotte ricoprendo Milano di ridicolo e che si è ripetuto in versione giacobina accusando Dolce e Gabbana di evasione fiscale a iter giudiziario non ancora concluso. Provocando i tre giorni di serrata dei nove negozi D&G di Milano. Ma ancor più clamorosa la divisione nella squadra di Pisapia che di nuovo mostra tutta la sua fragilità. Come dimostrano le uscite di ieri del sindaco su Repubblica e sull'Unità di Carmela Rozza, assessore, ma soprattutto l'uomo (anzi la donna) forte del Pd in giunta. Visioni del mondo, anche in questo caso, che più diverse non si può. Leggere per credere. Con Pisapia che dopo tre giorni di silenzio e di una gran voglia di nascondere la polemica sotto il tappeto, sceglie le pagine nazionali per urlare tutta la sua rabbia. «Basta, gli indignati adesso siamo noi. Dolce e Gabbana dovrebbero chiedere scusa a Milano». Non proprio un atteggiamento conciliante o di chi ha già ammesso che D'Alfonso ha sbagliato.

Per la verità Pisapia ha parlato di «battuta improvvida», non certo una bocciatura di quello che comunque continua a essere il vero ideologo della sua rivoluzione arancione. E a chi avesse solo immaginato la possibilità di rinnegarlo, Pisapia fa subito capire che il suo vero bersaglio non è D'Alfonso e il suo calpestare il più elementare stato di diritto, ma gli stilisti offesi. «Che c'entra “Milano fai schifo”? Sono molte - va all'attacco un durissimo Pisapia - le cose che fanno schifo, ma non ho mai visto chiudere i loro negozi per le stragi, le guerre, le ingiustizie». Frase ad effetto che piacerà all'ala più radicale della sinistra, ma che rende molto più difficile ricomporre una frattura ormai insanabile. Aprendo magari a Dolce e Gabbana quella strada che la Regione Campania e il Comune di Napoli hanno già promesso per un eventuale «trasferimento» del business D&G. Di tutt'altro segno le parole della Rozza che detta la linea pd: «La prima cosa che suggerisco a tutti è di abbassare i toni e riprendere il dialogo nel rispetto reciproco». Ricordando che «il fisco, le sue regole e le sanzioni contro le infrazioni, non sono materia di competenza del Comune». Giusto. Perché in quella Babilonia che è diventata il Comune tra registri per le coppie omosessuali, no-global che occupano da andare a blandire (come fece Pisapia con Macao) e rom a cui rimborsare le case costruite abusivamente, anche parole di semplice buon senso come quelle della Rozza sembrano lezioni di diritto costituzionale.

Ma nulla succede per caso. E l'intervista di Pisapia è un altolà a chi a sinistra vorrebbe far fuori D'Alfonso e far virare l'esuberante arancione del sindaco verso i più placidi territori del Pd.

Chiaro il messaggio dato da Pisapia al consiglio che medita la fronda: D'Alfonso non si tocca, ha detto cose fuori luogo, ma in fondo in fondo aveva ragione lui. E così la Lega oggi alle 15 raccoglie firme danti ai negozi e i consiglieri del centrodestra offriranno in aula magliette D&G. Per vedere chi a sinistra le indosserà. Smentendo D'Alfonso. E quindi Pisapia.

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