«Cinque anni non bastano». Alla fine l'ha detto anche Giuliano Pisapia. Fra tutte le frasi che il politichese ha codificato in questi anni, quella per cui «servono 10 anni» è una delle più gettonate. Ma la usano in genere i sindaci che si avviano alla fine di un mandato non particolarmente brillante. Il sindaco, nell'intervista su «Repubblica», ha risposto proprio con questa formula alla domanda sulla sua ricandidatura nel 2016. E il bilancio al giro di boa in effetti è tutt'altro che entusiasmante.
Per affrontare il problema dei problemi Pisapia sceglie un terreno a lui congeniale (evitando le sedi istituzionali o politiche) e - di fronte al proliferare di congetture e ipotesi sulla sua rinuncia - lancia il suo messaggio, che stoppa ambizioni e manovre altrui: «Finita l'Expo faremo una riflessione, valuteremo insieme. Io credo in questa città e il mio impegno c'è e ci sarà». Tradotto: non mi faccio da parte e ho dalla mia i 6 mesi di Expo, una campagna elettorale naturale. È «un mezzo sì» quindi, ma anche un'ammissione di debolezza. Certo, non è mai accaduto che il sindaco di una grande italiana sia stato costretto alle primarie, ma è altrettanto evidente che non siamo in presenza di una marcia trionfale. Lo ricorda l'ennesimo bisticcio che si apre (su «Bookcity») con l'ex assessore Stefano Boeri. Ma lo si evince dalla risposta sul tema dell'impegno politico nazionale. «Nel cambiamento su scala nazionale io ci credo ancora» - assicura Pisapia - «Il mio impegno ci sarà». Accantonata forse l'idea di fare l'anti-Vendola dentro Sel, il sindaco continua quindi a fantasticare un possibile ruolo romano e l'«annusamento» con Matteo Renzi alimenta le voce di un possibile incarico (magari da Guardasigilli un garantista come lui) in un eventuale governo guidato dal rottamatore. Scenari e indiscrezioni, quindi, vengono cristallizzati così: Pisapia fa un passo avanti, gli alti devono togliersi dalla testa la mezza idea di prenderne il posto. D'altra parte al momento il Pd non è in condizione di volere molto di più. Ha subito senza colpo ferire il licenziamento di Boeri, e ancora deve costruirsi un profilo autonomo rispetto a un sindaco che gli elettori democratici considerano grosso modo uno di loro. Certo, due anni sono tanti. E se uscisse fuori (da dove?) un uomo (o una donna) forte e determinato a conquistare Palazzo Marino, l'impressione è che resterebbe aperta la strada della classica promozione-rimozione degli attuali inquilini, una «rottamazione» (parola loro) prestigiosa vantaggiosa per tutti. Ma è fantapolitica. E intanto il neo segretario metropolitano Pietro Bussolati ricorda di aver subito ribadito che «Pisapia è il nostro candidato». E si dice soddisfatto del fatto che «si sgombera il campo dai dubbi» promettendo che sarà sul programma e sulla «ripresa del dialogo col mondo produttivo» che il Pd si farà sentire.
Nel centrodestra, Forza Italia, con Giulio Gallera, garantisce: «Saremo noi a liberare Milano dall'incubo» e impietosamente rammenta il «diluvio» di tasse e aumenti che compromette la popolarità dell'attuale giunta.
Riccardo De Corato per Fratelli d'Italia considera «una buona notizia per noi che Pisapia sia pronto a ricandidarsi nel 2016: con i disastri che ha combinato a Milano - sostiene - per il centrodestra sarebbe un gioco da ragazzi tornare a vincere». Ma il centrodestra deve trovare un suo candidato e non c'è dubbio che il nome di Maurizio Lupi, dopo il passaggio al «Nuovo centrodestra», si sia indebolito.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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