Primo arresto cardiaco «guarito» col gas Argon

Al Policlinico di Milano la ricerca sperimentata con successo su un uomo

Primo arresto cardiaco «guarito» col gas Argon

Un gas che salva i neuroni dopo l'arresto cardiaco. Non si tratta solo di una teoria ma di una ricerca scientifica in fase di buon avanzamento, già sperimentata sul primo paziente al mondo al Policlinico di Milano. Il gas è l'Argon (o argo), battezzato così dal suo scopritore, lo scienziato scozzese sir William Ramsay, premio Nobel 1908 per la chimica. È un gas nobile, il cui nome deriva dall'aggettivo greco argós, inattivo, e infatti l'Argon è un gas inerte, cioè manifesta una tendenza a reagire scarsa o nulla.

Sembra quasi incredibile che un gas inerte possa cambiare in meglio le possibili sorti purtroppo ben conosciute delle persone che hanno subito un attacco cardiaco. Al Policlinico, fanno sapere in una lunga nota, è appena stato trattato con Argon il primo paziente al mondo. L'uomo, intorno ai 60 anni, dopo una settimana di ricovero è tornato a casa in perfette condizioni. In base alle statistiche, in Italia solo l'8 per cento dei pazienti sopravvive a un arresto cardiaco senza complicazioni neurologiche o disabilità. Ovviamente non è stato un tentativo a caso.

L'idea di utilizzare l'Argon per trattare i pazienti in arresto cardiaco è oggetto di studi scientifici dal 2012 a opera di Giuseppe Ristagno (nel tondo), anestesista del Dipartimento di Anestesia-Rianimazione che ha avuto le prime intuizioni sul tema con Silvio Garattini del Mario Negri. Dopo dieci anni di ricerca e sperimentazione sugli animali, è felicemente iniziata la cura di un uomo.

«Dopo un arresto cardiaco - spiega Giuseppe Ristagno, che è anche associato di Anestesia alla Statale - si genera una grave carenza di ossigeno che tra le altre cose mette in pericolo i neuroni, mandandoli immediatamente in sofferenza. Nei nostri studi su modelli animali abbiamo visto che la mortalità dopo un arresto cardiaco si attestava al 70%. Trattando i soggetti con il gas Argon, le percentuali si invertivano: sopravviveva il 70% degli animali e con un recupero neurologico completo. Anche per questo è importante aver iniziato la sperimentazione dell'Argon sull'uomo».

L'Argon, spiega Ristagno, agisce direttamente sulle membrane dei mitocondri, le «centraline energetiche» delle cellule, poiché sono capaci di produrre una molecola che trasporta e fornisce alle cellule l'energia necessaria alle sue funzioni. «Quando c'è carenza di ossigeno, i mitocondri nei neuroni sono i primi ad andare in sofferenza, conducendo alla morte delle cellule. L'Argon sembra che renda i mitocondri più resistenti alle carenze temporanee di ossigeno: in pratica protegge i neuroni e fa guadagnare loro tempo prezioso».

Lo studio al Policlinico è di Fase I-II su 4: completarle richiede normalmente diversi anni.

Per i prossimi mesi gli esperti utilizzeranno l'Argon su 50 pazienti ben selezionati, per indagare l'efficacia: «Ci aspettiamo sull'uomo un miglioramento del recupero neurologico fino al 40%, rispetto ai pazienti non trattati». Non resta che attendere.

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