Ricordo di Fratel Ettore, l’«ultimo» apostolo

Una mostra servirà a far conoscere altre realtà d’accoglienza

«La mia è semplicemente una storia d’amore, un percorso scelto per me da Dio. Una mattina bussa da me un uomo, era malato, stanco, sporco. Chiedeva aiuto. Ho spogliato delicatamente il suo corpo coperto di piaghe, l’ho lavato e medicato. Quel giorno di tanti anni fa la mia scelta è diventata definitiva, non avrei aspettato che gli ultimi della terra arrivassero moribondi alla mia porta: sarei andato io a cercarli sui marciapiedi, nelle stazioni e nei sottoscala della città». In queste semplici parole di Fratel Ettore Boschini sta tutta una vita spesa per gli «ultimi», a partire da quel primo rifugio per derelitti ricavato sotto i binari della Centrale, nel 1979, fin oltre la sua morte, avvenuta il 20 agosto del 2004. Perché, anche se l’«apostolo dei barboni» se ne è andato tre anni fa dopo una lunga malattia, la sua opera non si è certo conclusa. Solo a Milano sono tre le case di accoglienza - in Via Sammartini 114, ad Affori in Via Assietta 32, a Seveso - che seguono le orme del frate camilliano.
Proprio in una di queste, la Casa Betania di Seveso (via Isonzo 90) lunedì 20, alle 18.

30, sarà celebrato il terzo anniversario della sua «nascita al cielo». Dal prossimo anno, inoltre, l’anniversario sarà ricordato con una rassegna, «Fratel Ettore: il cuore nelle mani», in cui protagoniste saranno le realtà ecclesiali che si occupano dell’assistenza ai più bisognosi.

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