Sembra la parata dei sindaci di sinistra. Padrone di casa Beppe Sala, alla sua destra il neo eletto a Varese Davide Galimberti e il sindaco di Brescia Emilio Del Bono, già nel toto nomi per le Regionali 2023 (e sponsorizzato da Sala come «un ottimo nome), a sinistra Giorgio Gori di Bergamo, Gianluca Galimberti di Cremona e Mauro Gattinoni di Lecco. Vogliono contare di più sulla sanità, e non solo. Ieri alla vigilia della «maratona» sulla riforma sanitaria che inizia questa mattina in Consiglio regionale - e prima di imbarcarsi verso Parma per la due giorni di riunione Anci - hanno convocato una conferenza stampa congiunta a Palazzo Marino per presentare un documento di richieste. E vogliono sedersi al tavolo, «con tutto il grande rispetto per Anci a cui partecipiamo, serve una riflessione specifica su ogni territorio, non va bene - sostiene Sala - che la Regione Lombardia parli solo con Anci Lombardia, serve un rapporto più diretto con ognuno di noi», i rappresentanti delle grandi città.
«Il nostro atteggiamento è totalmente collaborativo ma bisogna andare oltre» e al momento «non abbiamo avuto contatti con l'assessore al Welfare Letizia Moratti» che firma la riforma, «nessuno di noi». Nel documento chiedono di «condividere con il territorio le scelte su dove collocare le case e gli ospedali di comunità dove servono di più, non è solo un'operazione di edilizia sanitaria, la questione chiave è quali sono i contenuti, quelli le funzioni e le relazioni tra tutti i soggetti coinvolti». La carenza dei medici di famiglia è un tema noto e più volte denunciato dal governatore Attilio Fontana e alla Conferenza Stato-Regione visto che non è un'emergenza solo lombarda. Gori però incalza il Pirellone a «investire di più sulle borse di studio. Siamo consapevoli che non è possibile fabbricare medici dall'oggi al domani, ma vorremmo una politica di medio e lungo periodo che renda i percorsi più attrattivi». Gianluca Galimberti chiede «un piano Marshall sulla sanità, un investimento straordinario, e il rapporto sulle nuove case di comunità che apriranno in rapporto ai cittadini può essere migliorato». Per Del Bono «l'impressione è che sia una modesta manutenzione della legge 23».
Oggi la sanità, domani mobilità o ambiente, la sensazione è che il fronte dei sindaci si farà sentire da qui alle Regionali. Del Bono è già spuntato tra i papabili e ieri non ha confermato ma nemmeno negato di pensarci. Venerdì il segretario nazionale del Pd Enrico Letta sarà al Pirellone per l'assemblea regionale del partito che avvierà i motori per la sfida del 2023 e il sindaco di Brescia, che finisce il mandato proprio tra due anni, non mancherà. «Il totonomi è l'ultima cosa che mi interessa - assicura -. Innanzitutto dobbiamo impostare l'approccio della campagna elettorale, lì si scioglie anche il nodo dei nomi. La scelta dovrà essere fatta entro la prossima primavera-estate. Prima dei nomi, bisogna fare una riflessione per arrivare all'appuntamento preparati, uniti, con una proposta che sia alternativa all'attuale governo della Regione. Il modello su cui dovremo lavorare sarà quello del buon governo delle città. Ci sono tante personalità importanti che possono concorrere a questo ruolo, lasciamo che le cose maturino».
Il capogruppo regionale di Forza Italia Gianluca Comazzi è «stupito e perplesso, parlando di riforma sanitaria Sala ha totalmente delegittimato il ruolo svolto da Anci. Il compito dell'associazione è proprio quello di portare avanti le istanze dei Comuni nel rapporto con gli altri enti istituzionali, tra cui Regione. Più che a noi le critiche appaiono rivolte ai suoi colleghi Mauro Guerra e Emilio Del Bono (presidente e vice), evidentemente non hanno svolto un buon lavoro di sintesi». Regione «in questi mesi ha avviato un confronto costante con i Comuni con l'obiettivo di varare una riforma che soddisfi le esigenze di tutti i territori. Tra i tanti temi affrontati, l'identificazione di sedi idonee per le Case e gli Ospedali di Comunità.
Pare di capire che Sala voglia un trattamento diverso rispetto a quello riservato agli altri 1505 sindaci, un atteggiamento irrispettoso del lavoro dei colleghi che si trovano ad amministrare territori più piccoli ma non meno problematici di Milano».
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