"Sarò campione del mondo con una torta per bambini"

Dal laboratorio di Venegono alla finale dei pasticcieri conquistata con la ricetta di un dolce da compleanno

"Sarò campione del mondo con una torta per bambini"

Trentatré anni, pasticcere e imprenditore a Venegono Superiore (Como) si gioca il titolo mondiale Patissier dans le monde in Francia, dopo aver vinto la selezione europea.

Davide Pisano, la finale è già un grande risultato.

«Ho superato la selezione, poi è stata la volta di cimentarsi di fronte alla giuria sul tema Dolce di compleanno per bambini. Ho preparato una torta moderna e una decorazione in cioccolato e zucchero artistico. Eravamo 16 candidati, adesso me la dovrò giocare con due francesi tre italiani e un americano».

Con l'opportunità di vincere un mondiale.

«Non sarà per nulla facile, tutti i partecipanti sono formidabili, ma la regola che il mio maestro mi ripete è vince chi sbaglia meno».

Quindi?

«Dovrò seguire alla lettera le indicazioni tecniche per la realizzazione, tra le quali il peso. Poi sarà la degustazione a decretare il vincitore. Il lavoro si svolge a vista dei giudici per sette ore».

Chi è il suo maestro?

«Non posso dirlo per regolamento, però è un amico e grande pasticcere del nord».

Ha più successo la pasticceria tradizionale o quella innovativa?

«La tendenza è tornare alla pasticceria tradizionale, le creazioni troppo sofisticate stanno perdendo terreno. Giro molto l'Italia e questa visione accomuna molti colleghi. Il massimo è una tartelletta alla frutta ai sapori tradizionali come ananas, pompelmo, marron glacè, gusti un po' anni 80, lavorata con tecniche moderne».

Da bambino voleva fare il pasticcere?

«No, volevo fare il cuoco. Andavo alle elementari quando mio padre mi insegnò a cucinare, per necessità. Era operaio in fabbrica e mi avrebbe voluto elettricista, ma aveva fatto il cuoco da giovane».

Il sapore sella sua infanzia?

«La vita in famiglia. Mamma che cucina sempre qualcosa di diverso e la domenica, ogni domenica, una torta da forno. Per farmi felice preparava la crostata alla marmellata o la torta margherita. Mio papà, un grande lavoratore, metà giornata in fabbrica, metà in piccoli lavoretti per arrotondare e non privarci di nulla, mi ha insegnato tanto. Lo spirito di sacrificio che vedevo mi ha aiutato a crescere».

La crostata alla marmellata la prepara anche lei?

«Certo seppur riaggiornata al 2018 con la pasta frolla al pistacchio salato, mandarino cremoso al mango e mousse alla vaniglia e cioccolato bianco. Si chiama Torta Angelica, è lei che mi ha fatto conquistare la finale mondiale».

Milano è una città di grandi pasticceri?

«Prima di tutto è una grande città e come tale consente ai migliori di emergere. Il mio sogno è aprire un secondo laboratorio con punto vendita a Milano. I grandi nomi ci sono tutti da Rinaldini a Massari, hanno puntato su Milano che vedono come il futuro».

E Venegono Superiore?

«Un paese vivo e ricco di gente, ma allo stesso tempo è verde e sta in campagna».

Il suo rapporto con il cibo?

«Sono un grande goloso, mangio e assaggio di tutto, per questo sono un po' sovrappeso. I pasticceri magri non sono affidabili. Amo davvero assaggiare di tutto per scoprire il modo con cui gli altri gestiscono le materie prime. La differenza la fa l'esperienza che ciascuno mette nella costruzione della ricetta».

Gli indirizzi per passare una bella serata?

«Quello di casa mia. Se esco scelgo di andare via dalla confusione, in campagna. Oppure a casa dei miei genitori in un piccolo paesino, Beregazzo con Figliaro, in provincia di Como. Relax e tranquillità».

Lei è un pasticcere, ma anche imprenditore, pentito di essersi messo in proprio?

«Assolutamente no, ma mantengo i piedi per terra, oggi ho sedici dipendenti. Siamo una squadra e continuò impegnarmi in prima persona, sono sempre con le mani in pasta, mi piace, non potrei fare altro. Ai giovani che frequentano il mio laboratorio e hanno il sogno nel cassetto di mettersi in proprio, dico sempre provateci. Se non provi mettendoti in gioco non saprai mai se puoi riuscire».

Cosa ci vuole?

«Umiltà, passione e una famiglia che ti sostiene. Se la tua compagna non vuole condividere, tutto questo diventa difficile. Io sono molto fortunato perché io e mia moglie Erica lavoriamo insieme».

Le sue figlie mettono già le mani in pasta?

«Fin da piccole. Vengono in laboratorio e giocano a preparare la pasta, la settimana scorsa hanno voluto fare la pizza. Certo da genitore vorrei che Angelica e Camilla seguissero la mia strada che è anche quella di mia moglie che gestisce la linea catering e gli eventi. Ma saranno le bambine a scegliere il loro futuro».

La cena o il pranzo che non scorda?

«I pranzi di Natale. Io dietro ai fornelli con papà mio braccio destro, mamma e le mie sorelle a preparare, apparecchiare, decorare. Gli antipasti affidati ai miei stupendi suoceri e all'insalata russa ci pensa la mia bisnonna Antonietta».

Una famiglia tradizionale italiana.

«Certo e ne sono felice. In famiglia abbiamo l'Italia da nord a sud. Dalla Calabria di mio papà, nato in provincia di Crotone e di mia suocera da Lamezia Terme, al nord mia nonna di Padova e alla Lombardia di tuti noi».

Il vino?

«Sono un appassionato ma non un intenditore. Per lavoro ho imparato ad abbinare i vini ai piatti, per i catering è fondamentale. Con i dolci che esprimono zuccheri suggerisco bollicine, se il sapore è più agrumato meglio un vino dolce. A casa non mancano mai il nostro vino e il nostro olio che arrivano dal sud».

C'è la possibilità che lei diventi campione del

modo.

«Al momento incrocio le dita e mi alleno molto, anche leggendo libri e facendo corsi. Dovesse mai accadere, sarebbe la realizzazione del mio sogno. Tutti gli chef puntano alla stella, i pasticceri al titolo mondiale».

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