Da Strindberg a Solari, riecco in scena la metamorfosi della "Signorina Giulia"

Il regista ha spostato l'adattamento di Marber alla Liberazione partigiana

Da Strindberg a Solari, riecco in scena la metamorfosi della "Signorina Giulia"

La Stagione 2018-19 è caratterizzata da adattamenti di tutti i tipi che hanno spesso sminuito l'originale, specie se trattasi di un classico, con la scusa di renderli nostri contemporanei. Per quanto riguarda Strindberg, sono molti gli adattamenti cinematografici della Signorina Giulia mentre, per quanto riguarda il teatro, altrettanto numerose sono le riduzioni di uno dei testi più rappresentati al mondo, anche in Italia, se partiamo dall'edizione di Visconti per finire a quella di Lavia. Debbo ricordare che, nell'impresa di ridurre Strindberg, ci si era messo anche Durrenmatt che aveva scelto Danza di morte, firmandola col suo nome e col titolo Play Strindberg (1969), immaginato come un ring dove, tra interpolazioni, sezionamenti, sfrondamenti dell'originale, ne aveva fatto una sua versione particolare. Con After Miss Julie, Patrick Marber ci offre una sua «versione» della Signorina Giulia, che ritengo diversa dall'adattamento, nel senso che si tratta di una traduzione, direi registica, costruita su una sorta di teatro della minaccia che fa pensare a Pinter. Marber ha semplicemente trasposto l'azione da fine Ottocento al 25 Luglio del 1945, l'anno della vittoria del Partito Laburista Britannico, festeggiato con una grande festa che, nell'idea di Marber, viene concretizzata col suono di una banda che improvvisa musica da ballo per tutta la durata della prima sequenza- «Hanno fatto le cose in grande a Westminster», dirà, all'inizio, John a Cristina. Il regista Giampiero Solari, che debutta al Parenti, ha mantenuto la data, arricchendola col pathos politico della festa di Liberazione in Italia dal nazifascismo. Ciò che accomuna le tre versioni è, in fondo, la categoria della festa. Quella svedese avviene in estate, il terzo weekend di giugno, durante la festività di San Giovanni, la più attesa e la più amata dagli svedesi perché coincide con un sorta di liberazione degli istinti sessuali. Non per nulla, le danze si svolgono attorno a un palo eretto che ha qualcosa di fallico, in un clima dichiaratamente bacchico. Strindberg ricorre a tale festa per giustificare il comportamento irrazionale e trasgressivo della contessina che può momentaneamente liberarsi dei traumi causati dai genitori, quello possessivo e padronale del padre e quello istintivo e libertario della madre che concedeva il suo corpo, non certo per procurare scandalo, ma per rifarsi sull'insensibilità del marito. Anche l'accoppiamento tra Jean e Giulia avviene quasi in uno stato di natura, al quale contribuisce l'atmosfera festaiola. Se dalla festa contadina passiamo a quella politica e ideologica di Marber e Solari, le cose non cambiano di molto. La festa, per sua definizione, è un rito collettivo il cui significato è direttamente proporzionale alla moltitudine dei partecipanti che favoriscono l'atteggiamento mimetico, trattandosi di una esperienza di relazione, costruita su qualcosa di ludico che ha a che fare con i nostri istinti più inspiegabili che si traducono, a loro volta, in una specie di teatralizzazione della vita, dove il processo identificativo coincide con quello collettivo. Inoltre la scelta della cucina, come luogo deputato, ovvero luogo dove si prepara il piacere del corpo e non quello dei sensi, è abbastanza emblematico, non trattandosi di una cucina qualunque, bensì di quella di un conte, dove la contessina ha scelto lo spazio per realizzare il suo sogno di libertà, prendendo parte alla festa e ballando in uno stato di eccitazione col suo domestico, senza nascondere il suo carattere stizzoso, tagliente, collerico. Ciò che a lei interessa è lasciarsi eccitare, magari sognando un avvenire diverso, ma vivendo l'ebbrezza dell'accoppiamento senza vergogna che, dopo l'amplesso, trasforma in odio. In fondo, la festa è celebrazione della vita, del sesso, è il trionfo della fisicità, ma anche della morte.

Nella Prefazione al testo, Strindberg aveva scritto: «Ho motivato il tragico destino della signorina Giulia, mediante un complesso di circostanze: gli istinti primordiali della madre, l'errata educazione del padre, il malessere mensile, il contatto con gli animali, l'eccitazione del ballo, il forte effetto afrodisiaco dei fiori», forse cercava delle giustificazioni per la sua creatura che, sembra, sia realmente esistita.

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