Il brutalismo neoliberty della Torre Velasca non piace ai britannici. Che la definiscono uno degli edifici più brutti del mondo. Almeno secondo il quotidiano Daily Telegraph che l’ha inserita tra le 21 opere «più brutte mai disegnate e costruite». Con i milanesi che si ribellano. E difendono il «grattacielo delle giarrettiere», così come chiamano l’omaggio al Razionalismo dello studio BBPR degli architetti Gian Luigi Banfi, Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti e Ernesto Nathan Rogers.
Costruito tra il 1956 e il 1958, lì dove c’erano solo le macerie dei bombardamenti anglo-americani del 1943. «Io provo per questo edificio un vero amore - si lamenta Guido Edoardo Alliata, titolare di RentClass che qui ha la sede - Mio nonno è stato uno dei primi inquilini. Erano i gloriosi anni Sessanta, quelli del boom».
Per l’assessore Stefano Boeri «Al Daily Telegraph dico che a Milano abbiamo qualcosa di più di una torre, bella o brutta che sia: abbiamo l'invenzione di una nuova architettura che si apre alla città mentre sale verso il cielo. E ne siamo orgogliosi!».
Cemento a vista e sembianze di un bastione medioevale, oggi c’è il vincolo della Soprintendenza per i Beni
architettonici perché «protagonista del panorama urbano grazie alla sua originalità» e «simbolo della città sia in senso assoluto sia in rapporto alla società e alla cultura di quegli anni». Alla faccia dei perfidi inglesi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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