"Il tour della mia Filarmonica nei grandi teatri del mondo"

Il direttore dell'orchestra scaligera presenta le tappe europee: «Da Amsterdam a Madrid nel segno del '900»

"Il tour della mia Filarmonica nei grandi teatri del mondo"

Maestro Riccardo Chailly per la Stagione della Filarmonica due «capolavori mahleriani» - Sinfonia n. 6 (oggi e domani alla Scala) e n. 5 dopo la tournée invernale -: qual è il fascino, il significato di questa musica a cui dedica molto?

«Nel percorso della Filarmonica è imprescindibile un costante ritorno a Mahler. È un compositore essenziale per la conoscenza del grande repertorio. Quello che si sta compiendo è un cammino che muove verso l'esecuzione integrale delle sinfonie. Siamo a metà del ciclo che, dopo la Sesta, proseguirà a febbraio con la Sinfonia n. 5, appunto, cui si aggiungono brani nuovi per l'Italia; si tratta del Symphonisches Präludium, e di Nicht zu schnell, primo movimento dall'incompiuto Quartetto con pianoforte in la minore nell'orchestrazione di Colin Matthews, composizione nata quando Mahler studiava a Vienna ed era allievo di Bruckner. Partiture giovanili che danno un segnale della personalità, dello stile strumentale di Mahler».

Dal 23 gennaio è, sarete, di nuovo in tour con tre programmi. Vuole spiegare i motivi delle scelte di autori e musiche che porterete nel cuore dell'Europa?

«I programmi di questa tournée convergono sul '900 storico: si parte dal Concerto per violino di Sostakovic, punto centrale di un percorso che stiamo facendo proprio sull'autore russo, a cui si aggiunge il Concerto per orchestra di Bartók, capolavoro di assoluta bellezza. In alcune delle nostre tappe, quest'ultimo lo abbiamo affiancato alla trascrizione dei Quadri da un'esposizione di Musorgskij orchestrati da Ravel. Un programma in grado di dare profondità alla Filarmonica come unico corpo sinfonico, mostrandone una personalità specifica, la forte impronta sonora, ma allo stesso tempo di esaltare l'espressività delle sezioni in una dimensione solistica. Se si considera anche l'esecuzione della Sesta di Mahler è evidente che è un impegno importante in tournée».

Filarmonica in prima fila tra i complessi internazionali, qual è la sua cifra?

«Anche in questa occasione ci ospitano sale importanti in Europa, tra graditi ritorni come a Madrid o Amsterdam, e presenze costanti come Parigi. In questi anni siamo presenti in tutte le capitali della musica. La Filarmonica è particolarmente identificata per il repertorio del '900 storico a cui abbiamo aggiunto Mahler come presenza costante sui leggii perché è nel Dna dell'orchestra; da quando la Filarmonica esiste come compagine, e ancora prima, da quando Abbado eseguì il primo integrale sinfonico negli anni '70. Quel ciclo l'ho seguito con molta partecipazione, e proprio con l'esecuzione della Nona Sinfonia ha avuto origine il mio rapporto con Filarmonica».

Nel tour la presenza di un grande violinista come Maxim Vengerov...

«Non si può prescindere da una presenza di grande levatura cui affidare l'esecuzione di capolavori. Vengerov ha queste caratteristiche così come sono eccellenti quelle di Denis Matsuev, che ritroveremo in aprile al Festival di Lucerna con il Primo concerto di Cajkovskij».

Dopo questo periodo ci sarà un ritorno del progetto pucciniano con «Manon Lescaut». Quali le particolarità?

«Tutto il lavoro sul repertorio che facciamo in Filarmonica è un patrimonio positivo che ritroviamo nel golfo mistico. Una partitura come Manon Lescaut, di cui eseguiremo la prima versione andata in scena nel 1893 a Torino, è una partitura nata, come tutta la musica di Puccini, all'insegna di un linguaggio molto impegnativo».

Nuovi progetti?

«Il prossimo impegno è discografico, a maggio saremo alle prese con la registrazione di musiche di Respighi, progetto che da continuità al lavoro

iniziato con Preludi, Sinfonie e Intermezzi di opere rappresentate per la prima volta alla Scala, e che vedrà a breve l'uscita del Cd già registrato e dedicato alla musica di Nino Rota scritta per il regista Federico Fellini».

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