Truffe on line, un raggiro da 300mila euro

Truffe on line, un raggiro da 300mila euro

Erano tutte romene le menti dell’organizzazione che ideava truffe online e sgominata ieri dagli investigatori del compartimento della polizia postale e delle comunicazioni per la Lombardia. Le indagini sono partite da Milano nel maggio dell’anno scorso dopo che, proprio la Polposta, aveva ricevuto numerose denunce ed e-mail di segnalazione di cittadini in cui si segnalavano messaggi sospetti di alcuni istituti di credito. L’esca dei truffatori, infatti, era un messaggio in cui si invitava il cliente a inserire le credenziali di accesso al conto corrente su un sito creato dal phisher, identico a quello della propria banca. Un raggiro che ha coinvolto oltre 600 correntisti, per un danno totale stimato in oltre 2milioni di euro, limitato a 300mila grazie all’intervento della polizia
Gli investigatori, in stretta collaborazione con le autorità della Romania, hanno così iniziato un’operazione di monitoraggio che ha permesso di ricostruire i movimenti dei conti, i trasferimenti e i prelievi. Il bilancio finale degli otto mesi di indagini coordinate dal pm Francesco Cajani è di 45 indagati, di cui 15 italiani (raggiunti in Lombardia, Lazio ed Emilia), accusati a vario titolo di associazione a delinquere transnazionale in Italia, Regno Unito e Romania, accesso abusivo a sistemi informatici, truffa, sottrazione di credenziali di accesso per la gestione di conti home banking, e utilizzo indebito di carte di credito. L’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Giuseppe Gennari, è stata eseguita ieri in simultanea sia in Italia sia in Romania, dove la polizia ha fatto irruzione in alcuni appartamenti trovando contanti, cellulari, computer e materiale ora sotto esame. Ogni componente della banda aveva una percentuale a seconda del proprio ruolo.

Chi prelevava i soldi dagli sportelli tratteneva il 5-10 per cento del totale; coloro che ingaggiavano questi ultimi, il 15-20 per cento; i «capi» (sorte di supervisori), il 20-25 per cento; mentre il 50-55 per cento veniva trasferito in Romania agli hacker con bonifici bancari.

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