Le minacce e poi insulti a Giletti: "Ci sono connessioni strane..."

Massimo Giletti e Klaus Davi, minacciati via web per un'inchiesta sulle cooperative del 2016. Un episodio che apre scenari inquietanti così come raccontano in questa intervista il conduttore e l'opinionista di "Non è l'arena"

Le minacce e poi insulti a Giletti: "Ci sono connessioni strane..."

Offese pesanti, quasi intimidatorie sono state postate sul canale YouTube “KlausCondicio” di Klaus Davi scritte da Raffelle Conte titolare della Cooperativa “Malgrado tutto” di Lamezia Terme, che era stata al centro di un servizio inchiesta sui boss della ’ndrangheta di Reggio Calabria, come riporta il sito reggiocalabriaweb.

Pesanti ed anche preoccupanti le parole scritte nero su bianco “Ti stiamo aspettando schifoso pezzo di merda - e poi - Ti ricordi quando facevi il grande tu e Giletti… hai paura? Non ti molleremo, vieni tu e Giletti alla ‘Malgrado tutto di Lamezia Terme”, pagliaccio hai paura di venire dai cittadini onesti?”

Gli insulti sono riferiti ad un servizio mandato in onda nella trasmissione di Massimo Giletti “l’Arena” quando era su Rai Uno, sul centro di accoglienza della cooperativa “Malgrado Tutto” che raccontava in quali condizioni vivevano gli immigrati ospitati. La cooperativa dopo la messa in onda, aveva ipotizzato l’idea di azioni legali nei confronti di Giletti, Klaus Davi e anche del Senatore Morra che è attualmente il Presidente della Commissione Parlamentare antimafia, che all’epoca aveva rilasciato alcune dichiarazioni proprio sulla modalità di gestione del centro.

La cosa curiosa è che questa vicenda si riferisce ad una inchiesta del 2016, quindi ci si chiede perchè solo dopo tre anni sono state postate queste minacce? E perchè proprio in questo periodo? Abbiamo cercato di capirlo chiedendolo ai due diretti interessati Klaus David e Massimo Giletti

“Da parte mia - spiega Klaus Davi - trovo il dissenso legittimo e sacrosanto, viva la libertà d’espressione. Quello che invece trovo di pessimo gusto, a parte il tono usato, è che è stato scritto sotto un servizio contro i boss della criminalità organizzata. Si può anche dissentire, si possono avere tutte le ragioni, ma queste minacce, in quel contesto, diventano inquietanti. Si poteva scegliere un altro linguaggio ed evitare di minacciare”.

È però Massimo Giletti che apre altri scenari davvero sconcertanti su cui sarebbe importante riflettere.

“A me inquieta principalmente -dice - che siamo vicini ad un processo che dovrò sostenere in Sicilia a Mezzojuso, dove sono stato chiamato a rispondere per la mia battaglia con le sorelle Napoli, che difendo dalla mafia dei pascoli”.

La vicenda di cui parla Giletti riguarda tre sorelle, Irene, Gioachina e Marianna Napoli, proprietarie di un’azienda agricola tra Corleone e Mezzojuso, che dopo la morte del padre avvenuta nel 2006, sostengono di aver avuto minacce e intimidazioni mafiose per costringerle a cedere l’attività. Di queste minacce, di cui a lungo si è occupato Giletti nella sua trasmissione, il Sindaco di Mezzojuso, Salvatore Giardina, dice di essere venuto a conoscenza solo nel 2017 tramite un articolo di giornale. Per questo motivo, ritenendosi diffamato, ha querelato, Giletti, la cui colpa è quella di per aver più volte chiesto come fosse possibile che in un piccolo centro, l’amministrazione comunale non fosse al corrente di un fatto così grave.

“Lo Stato Italiano mi chiama a giudizio per questa cosa- continua Massimo -a cui dovrò rispondere tra poco, e in questo momento è strano che io venga minacciato in questo modo in Calabria, entroterra dove io ho squarciato veli su cose che non tornano. Quello delle cooperative è un campo minato, come le inchieste del procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, (che ha fermato i nuovi assetti criminali che si stavano muovendo nell’Isola di Capo Rizzuto ndr) stanno dimostrando. Io comunque vado avanti per la mia strada”.

Cosa ne pensa dei toni che sono stati usati?

“Se devo dire la verità, non mi sorprende che certi soggetti usino anche un tale linguaggio intimidatorio, perché io faccio il mio lavoro e anche bene”

In effetti, devo dirle la verità, quando ho letto tutte le cose che le hanno scritto pensavo si trattasse di eventi recenti, non certo di un'inchiesta del 2016...

“Ci sono connessioni strane con gente poco raccomandabile. Il messaggio che vogliono far arrivare è evidente, e quindi ancora più preoccupante sotto un certo punto di vista”.

Si dovrebbe indagare su questo, invece al contrario sarà lei ad andare davanti ad un Giudice

“A volte le querele, sono fatte per tentare di bloccarci. Per questo io chiedo a gran voce un intervento dell’Ordine dei giornalisti. Prendo atto che il Presidente dell’Ordine durante la Conferenza stampa di fine anno del Premier Conte ha sollevato il mio caso e questo mi ha fatto molto piacere, però adesso mi sono un po’ stancato delle parole, ho bisogno di fatti. Essere minacciato non è piacevole, non aver la forza e la libertà di difendere chi non ha parola è un problema serio per una democrazia. Se ogni volta che un giornalista fa un’inchiesta viene minacciato o querelato non si va avanti. Voglio chiarire che non sto parlando per me che sono famoso e conosciuto e posso in qualche modo proteggermi, parlo a nome dei tanti ragazzi calabresi e siciliani che rischiano la vita per scrivere un pezzo e guadagnare due lire. La battaglia che porto avanti è per loro”.

Cosa chiede all’Ordine dei Giornalisti?

“Che arrivati a questo punto non si può più far finta di niente, che non si può più essere ricattati, querelati per tentare di bloccarci. Io posso permettermi gli avvocati ma ragazzi che guadagnano venti euro ad articolo, non solo rischiano la vita ma vengono continuamente bloccati e messi in crisi. In questo credo bisogna assolutamente investire. Se si abbandona chi fa il proprio lavoro di denuncia, soprattutto in certe aree geografiche, allora si perde in tutti i fronti.

Si deve al più presto fare un confronto, e spero che l’invito che il Presidente dell’Ordine, citandomi durante la conferenza stampa davanti al premier, possa diventare un tavolo di discussione, per tutelare, proteggere e sostenere i giornalisti e le inchieste che vengono fatte. Sono convinto che la televisione possa cambiare la cultura mafiosa che purtroppo ancora resiste, e non solo in Sicilia o in Calabria ma in tante parti d’Italia”.

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